Quando si parla di dolore pelvico cronico, si fa riferimento a un dolore che può essere continuo o ciclico, ma che comunque è presente da un lungo periodo (dai 3 ai 6 mesi circa); il male viene avvertito nella zona inferiore dell’addome e nella pelvi.

Il dolore pelvico cronico può essere legato alla presenza di una o più patologie, talvolta coesistenti fra loro, fra cui si ricordano la nevralgia del pudendo, l’endometriosi, la cistite interstiziale e la vulvodinia. Quest’ultima è una condizione relativamente diffusa: rifacendosi ai dati presenti in letteratura, infatti, essa interessa una percentuale di donne che va dal 12 al 15% circa. L’intensità del dolore può essere più o meno marcata ed esso può essere costante o intermittente.

Una volta che il medico ha escluso altre cause, fra cui le altre condizioni citate o la sindrome del colon irritabile, spesso suggerisce alla paziente di contattare una delle strutture specializzate presenti nel nostro Paese. Per esempio, è possibile curare la vulvodinia a Torino recandosi in uno dei centri dove si trattano tutte quelle patologie che riguardano il pavimento pelvico.

Vulvodinia: una condizione spesso invalidante

La vulvodinia interessa per lo più le donne in età fertile; come facilmente si può immaginare, una condizione perdurante di dolore, cronico o intermittente, ha un impatto molto pesante sulla qualità della vita di una donna poiché, oltre a essere causa di limitazioni nelle attività di tutti giorni, ha anche ripercussioni sulla sfera intima.

La vulvodinia, infatti, è spesso causa di dispareunia, ovvero dolore durante l’attività sessuale, con la conseguenza che quest’ultima viene limitata se non addirittura evitata.

Come si manifesta la vulvodinia?

Le donne colpite da vulvodinia descrivono le manifestazioni dolorose come bruciore, irritazione, prurito o sensazioni di punture di spillo. Non si può porre però la diagnosi di vulvodinia se tali manifestazioni non sono presenti da almeno tre mesi e se sono chiaramente attribuibili a una condizione patologica ben precisa, come per esempio un’infezione o una patologia dermatologica. Di fatto, la vulvodinia è una condizione che, in termini medici viene definita “a eziologia sconosciuta” ovvero le cui cause non sono note.

La vulvodinia può essere generalizzata o localizzata; nel primo caso si ha un coinvolgimento di tutta l’area vulvare, mentre nel secondo caso il dolore è localizzato a una specifica zona, per esempio a livello clitorideo (si parla in questo caso di clitoralgia) o a livello del vestibolo vulvare (in questo caso si parla di vestibulodinia); si ricorda che il vestibolo è parte della vulva che si trova tra le piccole labbra e l’apertura del canale vaginale.

Come si tratta la vulvodinia

Se si ha diagnosi certa di vulvodinia, la donna dovrà intraprendere un percorso di cura che può essere anche piuttosto lungo, ma che di norma porta a ottimi risultati. Occorre molta pazienza poiché si parla di una condizione molto complessa e non facile da gestire e trattare.

Nel percorso di cura sono spesso coinvolte più figure professionali, tra cui gli specialisti di varie discipline: ginecologia, neuro-urologia, ostetricia, terapia del dolore, fisioterapia, psicoterapia, nutrizione ecc.

Al di là delle varie indicazioni più specificamente mediche che la donna dovrà seguire, risultano utili anche alcuni semplici accorgimenti come quello di evitare di indossare indumenti intimi troppo stretti o aderenti e di utilizzare detergenti intimi aggressivi ecc.

Come detto, per quanto il percorso di cura possa non essere brevissimo, di norma si arriva alla risoluzione definitiva del problema o, comunque, si ottiene una riduzione significativa del dolore cronico.

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