(Adnkronos) – 3 luglio 2022: esattamente due anni fa sulla Marmolada la peggior tragedia nella storia recente della montagna. Alle 13.43 circa 64.000 tonnellate di acqua, ghiaccio e detriti rocciosi si sono staccate improvvisamente dal ghiacciaio dando origine ad una valanga che ha travolto gli alpinisti in scalata: 11 in tutto le vittime, mentre altri 7 sono rimasti feriti.   
Delle 11 vittime, 8 erano veneti. “Quel 3 luglio fu un’operazione di soccorso difficilissima, sotto il rischio di altri crolli, e il personale di varie organizzazioni del Veneto e della Provincia autonoma di Trento si è impegnato fianco a fianco oltre ogni limite, dimostrando che non c’è confine amministrativo che divida la coesione dello spirito di solidarietà – il ricordo del governatore veneto Luca Zaia – Tutti coloro che prestano soccorso nelle zone di montagna sono uomini e donne straordinari che con immenso coraggio conducono operazioni straordinarie, salvando tante vite ogni anno. Nella frenesia dei soccorsi, si è stagliato immediatamente, forte, il dolore per le undici vittime, di cui otto veneti: Filippo Bari, Tommaso Carollo, Paolo Dani, Nicolò Zavatta, Davide Miotti, Erika Campagnaro, Gianmarco Gallina e Manuela Piran. A distanza di due anni, rivivo il dolore condiviso in quelle ore con i familiari e gli amici degli scomparsi insieme all’ammirazione per il lavoro e lo spirito di abnegazione dimostrato da tutti i soccorritori” le parole del presidente della Regione.  "È un ricordo doloroso quello che il 3 luglio porta con sé: due anni ci separano infatti dalla tragedia della Marmolada, una delle pagine più tristi della storia della montagna. La memoria di quei drammatici momenti, del grande lavoro dei soccorritori, delle delicate operazioni messe in campo rimarrà sempre presente. Il nostro cuore e la nostra mente sono oggi rivolti a chi ha perso la vita e alle loro famiglie, a cui esprimo la mia piena vicinanza", dichiara il Presidente della Camera dei deputati, Lorenzo Fontana.  Lo scorso anno un team di ricercatori internazionale coordinato da Aldino Bondesan dell’Università di Padova ha pubblicato lo studio The climate-driven disaster of the Marmolada Glacier (Italy) sulla rivista 'Geomorphology', ripresa anche negli highlighs di 'Nature', che costituisce il primo lavoro che indaga le possibili cause e i meccanismi del collasso.  La valanga di ghiaccio e detriti si è arrestata in un canalone dopo aver percorso circa 2,3 km lungo il pendio – ricostruisce l'ateneo in una nota – Il crollo è avvenuto nella parte alta del versante settentrionale della Marmolada alla quota di 3213 m e ha interessato un lembo sommitale del ghiacciaio, nei pressi di Punta Rocca. Questo piccolo ghiacciaio residuale era parte integrante dell’ampia fronte glaciale fino a circa un decennio fa, e oggi, a causa della frammentazione causata dall'arretramento, è rimasto isolato e racchiuso entro una nicchia sul versante esposto a settentrione appena al di sotto della cresta. L'evento è stato documentato da diversi video registrati da escursionisti che si trovavano sul posto, che hanno aiutato nell’analisi delle cause del collasso.  
L'energia sismica rilasciata dall'evento è stata paragonabile a un terremoto di magnitudo pari a 0,6. "Un'analisi dettagliata delle immagini satellitari e aeree stereoscopiche, scattate prima e dopo l'evento, ci ha consentito di analizzare le modalità di collasso – spiega Bondesan – Il distacco è stato in gran parte causato da un cedimento lungo un crepaccio mediano, in parte occupato da un enorme volume di acqua di disgelo generato dalle temperature altamente anomale della tarda primavera e dell'inizio dell'estate.  
Al momento dell’evento erano stati raggiunti in quota i 10.7 C. La fitta rete di crepacci insieme alla morfologia e alle proprietà della superficie rocciosa basale hanno predisposto questo settore glaciale al collasso, la cui causa scatenante è da individuarsi nella pressione sovrastante causata dall'eccesso di acqua di fusione". "Sono stati individuati due meccanismi concomitanti che hanno provocato l'instabilità con conseguente crollo improvviso del ghiacciaio: l’acqua infiltrata all’interno di un crepaccio del ghiacciaio ha causato da sotto una pressione tale da sollevare lo strato di ghiaccio; quando l’acqua è penetrata all’interno dei sedimenti basali si è verificata una spinta al galleggiamento, essendo il ghiaccio meno denso dell’acqua", conclude Bondesan. —politicawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

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