22 anni fa moriva Fabrizio De André, il cantautore genovese ritenuto il più grande fra i cantautori italiani per la bellezza dei suoi testi e per il carattere letterario della sua produzione artistica.

De André si spense nella notte dell’11 Gennaio 1999 all’istituto tumori di Milano, al culmine della malattia che lo colpì al fegato e ai polmoni. Il vuoto musicale e culturale, lasciato dal poeta Genovese, non è stato colmato in nessun modo nei suoi tantissimi estimatori.

De Andrè è di tutti

De André fa parte del patrimonio culturale italiano e non si può e non si deve collocare né a destra né a sinistra, ma rappresenta tutti coloro che non si rassegnano a un mondo nel quale il potere dei più, che rappresenta le masse informi, si rivela essere ai danni delle fasce più deboli ed emarginate della società.

La sua vena anti borghese, la ricerca del mistico in una cultura laica. La ribellione verso l’ipocrisia di chi si schiera sempre con il più forte “perché così conviene”. La ricerca delle radici culturali della propria terra. Questi elementi lo rendono trasversale e unico. Ed ecco che De André è di tutti, e la sua collocazione anarchica lo rende amato da tutti coloro che hanno un sussulto di ribellione e non conformità verso le regole prescritte.

La politica se lo contende

Certo, negli anni 70 andava spesso ospite delle feste de l’unità e il suo impegno lo collocava come idolo delle masse sessantottine. Tuttavia ciò accadeva anche perché una certa destra auto-ghettizzata non era forse in grado di cogliere le istanze sociali e rivoluzionarie. Ad oggi la musica Italiana non ha un altro De André in quanto lo stampo ha creato solo un pezzo unico. Nessuno riesce a esserne il suo erede: i suoi capolavori sono delle vere e proprie opere in musica.

Gli anni 60 e 70

Dopo gli esordi sulla fine degli anni 50 e gli inizi dei 60, con pietre miliari (come la guerra di Piero, il Testamento e Bocca di Rosa), Mina interpretó “la canzone di Marinella” facendo conoscere il menestrello al grande pubblico. Da quel momento i suoi capolavori si concentrarono in concept album ricercati nei testi e nella musica.

Aventi come argomento la morte spirituale dell’uomo come in “Tutti morimmo a stento“. La ricerca del Gesù rivoluzionario dei vangeli apocrifi nell’album “La buona Novella“. La traduzione e l’adattamento dell’antologia di Spoon River di Edagard Lee Master con “non al denaro, non all’amore né al cielo” del 1971. La storia di un impiegato che si ribella al fatalismo borghese in “storia di un impiegato” del 1973. Fino alla collaborazione con De Gregori in volume 8 del 1975 passando per live epici con la Pfm sulla fine del decennio.

Gli anni 80

De André si è donato poi alla Sardegna, terra nella quale si è integrato alla perfezione lavorando nella sua cascina da buon fattore legato ai valori della terra.

Qui faber, dopo aver conosciuto l’incubo del sequestro di persona, si è dedicato alla cultura dei popoli, prima con l’album denominato “l’indiano“, dedicato a Siux, contro quelli che poi si definirono americani, colpevoli però di un vero e proprio genocidio di popolo verso i primi e veri nati della terra d’America. La sua produzione negli anni 80 proseguì con il capolavoro assoluto totalmente in lingua Genovese “Creuza de Mà“, album in cui la tradizione della lingua ligure, si sposa in un idillio unico con la polistrumentazione etnica del genio di Mauro Pagani.

Gli anni 90

Gli anni 90 si aprono per De André con l’album “le Nuvole“. Disco critico oltre che contro la solita morale borghese, anche nei confronti di una classe politica corrotta piena di “lacché e portaborse”. Il secondino di don Raffaé è famosissimo. Un secondino che preferisce raccomandarsi a un boss della camorra preferendolo alla classe politica, che a differenza della mafia “non da conforto e lavoro”, è l’emblema della cruda realtà politica e sociale degli anni 90 raffigurata con maestria dall’artista genovese.

Questi pezzi costarono forti critiche da parte dei benpensanti prezzolati dell’epoca, che accusarono De André di essere contiguo e giustificatore dei poteri mafiosi. Gli scandali degli anni a seguire e la cosiddetta trattativa Stato-mafia, lo resero invece tristemente profeta di una realtà tanto vera quanto scomoda.
Dopo l’ultimo capolavoro dal titolo “Anime salve” datato 1996 e scritto a quattro mani con Ivano Fossati, la lunga tournée teatrale lo portò fino alla malattia e alla sua prematura morte a soli 58 anni che trasformò De André artista in De André leggenda.

De Andrè per i ribelli

Fabrizio De André anticonformista e ribelle, menestrello della musica italiana che ha incantato con la sua voce profonda generazioni di italiani. La sua eredità è di tutti ma non per tutti. E chi oggi si considera un ribelle, non può ignorare la straordinaria opera del grande poeta genovese.

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