L’atto finale della turbolente vicenda italiana nelle terre istriane culmina con il trattato di Roma, che assegna il centro storico di Fiume e un sottile tratto di costa all’Italia. Mentre l’entroterra e la parte orientale della costa con il sobborgo di Sussak andarono alla Jugoslavia.

Gli anni prima

Nel 1867, Fiume era unita allo Stato ungherese. Ma dopo il primo conflitto mondiale Vittorio Emanuele Orlando e Sidney Sonnino chiesero a gran voce l’applicazione integrale del Patto di Londra. Nonché l’annessione all’Italia della città di Fiume, essendo i Fiumani prevalentemente di lingua e cultura italiana.

Ovviamente gli U.S.A. proposero a loro interesse di creare lo stato libero di Fiume. Ritenendo che la città istriana dovesse rivestire il ruolo di porto utile per tutta l’Europa balcanica, e che le rivendicazioni dell’Italia nei territori a Est del Mare Adriatico andassero contro i Quattordici Punti da lui stesso elaborati. I quali avevano il nobile ma pretenzioso obiettivo di stabilire una pace duratura tra le nazioni.

Queste indecisioni da parte dell’Italia e degli altri stati, infuocarono gli animi dei 2500 legionari che partirono con Gabriele D’Annunzio il 12 Settembre 1919. Occuparono la città in quella che sarebbe passata alla storia come l’Impresa di Fiume, rivendicandone l’annessione all’Italia. D’Annunzio proclamò la Reggenza Italiana del Carnaro, un vero e propio Stato indipendente, in attesa del congiungimento effettivo al Regno d’Italia.

Il trattato di Rapallo

Il 12 novembre 1920 fu firmato, tra i rappresentanti del governo italiano e quelli del governo jugoslavo, il cosiddetto Trattato di Rapallo. Con il quale si definirono i confini fra i due stati. In prima battuta, questo accordo chiuse la spinosa Questione Adriatica. L’Italia rinunciò a quella parte del territorio dalmata che il Patto di Londra le aveva assegnato. Ma ottenne che il suo confine orientale coincidesse con il crinale delle Alpi Giulie compreso il Monte Nevoso, includendo tutta l’Istria. Ciò corrispose ai limiti di una sorta di confine naturale, ma implicò l’annessione di circa quattrocentomila slavi.

Quanto a Fiume, se ne dichiarò l’autonomia, ma al tempo stesso fu garantita la contiguità territoriale. Più in generale, il trattato di Rapallo chiuse le trattative diplomatiche per la soluzione dei problemi nati con la fine della guerra, e ristabilì formalmente la pace.
Lo Stato Libero di Fiume fu riconosciuto da tutti i principali Paesi. Il 24 aprile 1921 si svolsero le prime elezioni parlamentari. A seguito delle quali il capo del Movimento Autonomista Fiumano, Riccardo Zanella, divenne Presidente dello Stato Libero.

Il trattato di Roma

Il 3 marzo 1922 ci fu un colpo di Stato filo nazionalista italiano condotto dall’ex legionario e deputato fascista Francesco Giunta, il quale costrinse Zanella alle dimissioni e alla cessione dei poteri verso un Comitato di Difesa cittadino.
Il 17 settembre 1923 assunse la carica di governatore militare il generale italiano Gaetano Giardino.
Mussolini, che aveva assunto nel frattempo anche la carica di Ministro degli Esteri, dette disposizioni a Salvatore Contarini, Segretario generale del ministero, di avviare dei negoziati con Belgrado per arrivare a una soluzione della Questione Fiumana favorevole al Regno d’Italia.

Tali negoziati condussero infine alla sottoscrizione del Trattato di Roma, espressamente definito come “Patto di amicizia e di collaborazione cordiale” tra i due Paesi che, formalmente, giungevano a una suddivisione riconosciuta del territorio dello Stato Libero.
Fiume diventò così città e capoluogo di provincia italiano, almeno fino alla Seconda guerra mondiale.

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