Era il 7 Gennaio 1913 è i giornali scrivevano dell’eccidio di Roccagorga: “A Roccagorga questa mattina avvennero gravissimi fatti, in seguito a una rivolta popolare contro il municipio. Secondo i rivoltosi, sarebbe colpevole di aver principalmente trascurato il servizio sanitario. Il paese di Roccagorga, che dista 7 chilometri da Piperno e 35 da Frosinone, si trova nel centro dei monti Lepini, a 298 metri s.l.m. E’ un ex feudo dei Doria-Pamphilj. Gli abitanti sono circa tremila, esiste una forte emigrazione”.
Tasse e malasanità alle base dell’eccidio di Roccagorga
I motivi della rivolta erano due fondamentalmente: una pressione fiscale insostenibile e la situazione sanitaria pressoché inesistente.
La popolazione, qualora riuscisse a coltivare un pezzo di terra (la proprietà privata si limitava alle abitazioni e agli attrezzi di lavoro), doveva al padrone decime molto pesanti. Che venivano addirittura inasprite nel caso di annate magre. Gli usi civici come mulini, frantoi, forni pubblici, erano anch’essi vessati con tasse molto salate, che lasciavano al malcapitato quel poco per vivere.
Malattie e alimentazione insufficente
Mentre le condizioni igieniche erano scarse o pressoché inesistenti: non vi erano sistemi o reti fognanti, né condutture idriche, non acqua, niente spazzatura. In una camera sola abitava tutta la famiglia, non meno di 5 o 6 persone. Con i membri delle famiglie in moltissimi casi è comune la convivenza del maiale e quello delle galline. Ci si ammalava spesso e le condizioni di vita, unite ad un’alimentazione tutt’altro che sufficiente, erano tali da non consentire l’aspettativa di vita che superasse i 50 anni.
La manifestazione
La manifestazione era stata organizzata dalla “Società Agricola Savoia”, che era stata costituita, per iniziativa di alcuni contadini tornati dall’America. Era anche stata incoraggiata dalle autorità locali. Lo Statuto prevedeva il carattere apolitico dell’associazione, con intenti di mutuo soccorso.
La dimostrazione si concluse senza alcun incidente. Dopo il comizio, un gruppo numeroso di intervenuti, comprese parecchie donne, vollero recarsi sotto il Municipio. Per ripetere l’espressione della volontà popolare, affermata nel comizio stesso. Salì nei locali della Società a prendere la bandiera tricolore, che era stata esposta a un balcone e camminò in marcia verso il comune.
Il tricolore scatena l’eccidio di Roccagorga
L’apparizione del vessillo scatenò l’ira dei Reali Carabinieri e sul balcone si generò una violenta colluttazione. Per impedire che fosse asportata la bandiera, mentre si scatenavano nella strada tafferugli. I carabinieri allora si slanciarono verso colei che portava il tricolore per toglierlo dalle mani. Ma le donne raggruppatesi attorno alla vessillifera difesero accanitamente la bandiera, che nella ressa venne ridotta in brandelli, mentre l’asta finiva in pezzi.
Concordano tutte le fonti che quello fu il momento scatenante. Vide i primi lanci di sassi, e fu allora che il Tenente Gregori, dell’Esercito ed il più alto in grado del presidio, a quanto pare aveva perso la testa. Vedendo sanguinare il viso di un soldato, ordinava il fuoco. Fu fuoco di plotone, secco e compatto.
Cadono sette “Rocchigiani”: Erasmo Restaini (34 anni), Salvatore Ferrarese (55), Fortunata Ciotti (25), Vincenza Babbo (44), Carlo Salcani (5), Mario Restaini (27), Vincenzo Mancini (28). Vi furono poi 23 feriti, oltre ai contusi e altri feriti che si medicheranno da soli. In totale, furono sparati 170 colpi di moschetto in 20 secondi, l’eccidio di Roccagorga era compiuto.
Un articolo sul giornale “Avanti”, organo del Partito Socialista Italiano, titolò “Assassinio di Stato”. Il direttore Benito Mussolini prese le difese dei cittadini di Roccagorga e fu imputato di vilipendio a mezzo stampa. Ma questa pagina di storia convulsa che lambì la città nel cuore dell’età giolittiana, è passata velocemente nel dimenticatoio.