(Adnkronos) – "Oggi la qualità della vita delle persone Hiv positive è molto migliorata grazie ai farmaci, grazie alle terapie e, soprattutto, grazie ad un'evidenza scientifica importantissima, nota come U=U, ossia Undetectable = Untransmittable (non rilevabile=non trasmissibile). Quando una persona Hiv positiva in terapia raggiunge la non rilevabilità della carica virale, e ciò avviene nel giro di un paio di mesi dall’inizio della terapia, non trasmette il virus". Sono le parole di Valeria Calvino, vicepresidente di Anlaids Ets, in occasione dell’evento 'Hiv. Parliamone ancora!', un momento di confronto e condivisione per parlare di aderenza terapeutica, U=U e resistenze promosso da Gilead Sciences in occasione del Congresso Icar – Italian conference on aids and antiviral research. Giunto alla 16esima edizione, il cui claim è "Research and care: from bench, to bedside, to community", il congresso promuove la riflessione sull’importanza della ricerca per raggiungere il prendersi cura in senso globale della persona. "Si tratta di un’evidenza scientifica, dimostrata da studi importanti, che va assolutamente diffusa – sottolinea Calvino – perché è un mezzo potentissimo per abbattere lo stigma e, soprattutto, è un mezzo per fermare i contagi perché se le persone che si inizieranno a testare dovessero scoprire di avere l’Hiv, potrebbero immediatamente accedere alle terapie e, in breve tempo, oltre ad avere una buona qualità di vita, non trasmettere il virus ad altre persone. Il ruolo delle associazioni è dunque importantissimo nel diffondere questa evidenza scientifica, che ancora purtroppo non è nota ai più ma solo agli addetti ai lavori". Di Hiv e Aids in Italia "se ne è parlato tanto negli anni '80 e '90, quando le persone morivano. Purtroppo ne sono morte tantissime delle nostre comunità – spiega la vicepresidente dell’Associazione – Adesso, grazie ai farmaci, arrivati da noi nel 1996-1997, per fortuna non si muore più ma persistono comunque tanti problemi di qualità della vita". L’Hiv è "un'infezione cronica che va trattata per tutta la vita, secondo le attuali conoscenze scientifiche. Quindi, anche se le terapie sono migliorate enormemente nel corso degli anni, queste persone devono assumere i farmaci per tutta la vita. C'è ancora tanto da fare, essendo infatti una condizione cronica, chi ne soffre è più soggetto ad una serie di comorbidità, come le malattie cardiovascolari, i tumori, i problemi alle ossa" conclude. —salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)

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