L’11 novembre 2025 il tribunale di Monaco di Baviera ha emesso una condanna contro OpenAI, società madre di ChatGpt, per violazione del diritto d’autore in ambito musicale, accogliendo il ricorso di Gema, la Siae tedesca. Molti esperti hanno parlato di decisione “storica”, ma è davvero così?

Ne abbiamo parlato con l’avvocato Angelo Greco, fondatore e direttore del quotidiano giuridico “La Legge per Tutti”, per analizzare le implicazioni di questa sentenza e il futuro rapporto tra intelligenza artificiale, creatività e lavoro.

“Più che storica, per il momento la definirei unica. Diventerà storica se sarà l’inizio di una lunga serie, altrimenti sarà stata solo una rondine che non ha fatto primavera”, dice Greco che sottolinea l’ambiguità della questione: “C’è ancora molta discussione sul fatto se l’intelligenza artificiale possa definirsi davvero un ‘ladro di contenuti’ oppure no”.

“La vera paura, secondo me, non è quella di essere sostituiti, ma quella di chi svolge attività meccaniche e ripetitive. Tantissimi siti di informazione – fa notare Greco – vivono di ‘copia e incolla’, sono loro ad essere ‘minacciati’ dall’Ai. Io non temo l’intelligenza artificiale, perché so che la mia originalità può essere ‘sublimata’, portata al massimo da questo strumento, ma non copiata. Senza il mio spunto iniziale, l’Ai non può fare nulla”.

“Chi non è in grado di creare oggi, si spaventa di uno strumento che avvita i bulloni al posto suo, come l’operaio si spaventò dei robot. Al contrario, chi disegnava le auto non si è mai spaventato. Questo dobbiamo capire: stiamo vivendo una nuova rivoluzione industriale che porterà alla perdita di posti di lavoro ripetitivi, ma esalterà la creatività umana”.

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