(Adnkronos) – Il cancro sfrutta le emozioni negative per proteggersi dagli attacchi del sistema immunitario, e così stress, ansia e depressione possono compromettere l'esito dei trattamenti immunoterapici, rendendoli meno efficaci. Lo dimostra uno studio condotto dal Netherlands Cancer Institute di Amsterdam, Paesi Bassi, e pubblicato su 'Nature Medicine'. Sui suoi risultati si confrontano gli esperti riuniti a Napoli per la nona edizione dell'Immunotherapy e Melanoma Bridge, doppio evento internazionale che si chiude oggi e che ospita, fra gli altri scienziati, anche l'autore del lavoro Christian U. Blank. "Lo studio dei colleghi olandesi conferma chiaramente l'esistenza di uno stretto legame tra lo stato emotivo e psicologico di un paziente con tumore e la risposta immunitaria, anche quando 'potenziata' da specifici trattamenti immunoterapici – commenta Paolo Ascierto, presidente del convegno e direttore del Dipartimento di oncologia melanoma, immunoterapia oncologica e terapie innovative dell'Istituto nazionale tumori Irccs Fondazione Pascale di Napoli – Lo stress può favorire la crescita e la resilienza del tumore, sia attraverso la produzione di una serie di ormoni (per esempio il cortisolo) che lo 'nutrono', sia promuovendo la creazione di un microambiente vantaggioso per la proliferazione di metastasi, sia 'indebolendo' e 'corrompendo' le cellule del sistema immunitario. Il supporto psicologico dall'inizio del percorso di cura può dunque avere una triplice funzione: da un lato può migliorare la qualità della vita del paziente, dall'altro può ridurre il 'nutrimento' del tumore e dall'altro ancora sostenere e tutelare la risposta ai trattamenti immunoterapici". Nella ricerca olandese discussa al summit napoletano, evento sostenuto dal contributo non condizionante di Bms e 3PS – spiega una nota – sono stati analizzati i dati di circa 90 pazienti tra quelli che hanno preso parte al progetto Prado, studio che ha di fatto promosso l'immunoterapia neoadiuvante, cioè prima dell'intervento chirurgico, nei pazienti con melanoma. All'inizio della ricerca tutti i partecipanti hanno completato un questionario progettato per valutare la qualità della vita, in modo da individuare coloro che presentavano un disagio emotivo già prima della terapia a base di inibitori dei checkpoint immunitari, cioè dei farmaci mirati ai 'freni' che impediscono al sistema immunitario di attaccare efficacemente il tumore. I pazienti sono stati poi seguiti per circa 28 mesi. "Dai nostri risultati – riferisce Blank – è emerso che il disagio emotivo può influenzare negativamente la risposta immunitaria contro il tumore. I pazienti con disagio emotivo presente prima del trattamento immunoterapico neoadiuvante hanno mostrato una ridotta risposta alla terapia rispetto ai pazienti senza segni evidenti di stress, ansia o depressione: 46% contro il 65%", 20 punti percentuali in meno. "Non solo: il disagio emotivo è risultato collegato a un rischio più alto di recidiva a 2 anni (91% contro 74%) e a maggiori metastasi a 2 anni (95% contro il 78%)". Considerate le numerose evidenze a favore della somministrazione dell'immunoterapia neoadiuvante, che presto potrebbe diventare uno standard di cura per il melanoma e per altri tumori, per gli esperti fare chiarezza su quali siano i fattori che possono influenzarne l'efficacia è di fondamentale importanza.  "Senza contare che lo stress, l'ansia e la depressione – evidenzia Ascierto – sono largamente diffusi nei pazienti con cancro. Studi preclinici mostrano che il disagio emotivo attiva specifici meccanismi del sistema nervoso centrale che possono compromettere la funzione di diverse cellule immunitarie, 'indebolendo' quelle deputate a neutralizzare la malattia e 'rafforzando' le cellule immunosoppressorie".  Questi studi non riguardano solo il melanoma. "Indicazioni in tal senso – precisa l'oncologo – arrivano anche da ricerche sul tumore al polmone non a piccole cellule e sul tumore del colon, per fare quale esempio. E' quindi indispensabile che lo stato emotivo e psicologico del paziente non venga trascurato, ma bisogna considerarlo a tutti gli effetti parte integrante del percorso di cura". —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

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