Di cani anziani si sente parlare poco o niente, “essere in là con l’età” forse fa sì che si diventi meno interessanti, forse ingombranti, forse superflui e subito da sostituire con un nuovo cane giovane.
E’ bene ricordare che il vecchio cane che ora ci accompagna è lo stesso individuo con cui abbiamo trascorso magari dieci o quindici (ma alle volte anche di più) anni della nostra vita e che ora, al tramonto, non merita sguardi pietosi o rimpiazzi, ma il riconoscimento, nel bene e nel male, per aver accettato di camminare per un po’ nella nostra esistenza.
La vecchiaia non è una malattia ma uno stato dell’essere: non c’è un momento preciso in cui il cane diventa anziano e tale transizione dipende da molte variabili come la taglia, lo stile di vita, il gruppo in cui vive, il luogo in cui vive.
Osserveremo negli anni che rallenta la sua vitalità, che magari i denti iniziano a cadere, il muso si imbianca e gli occhi non hanno più lo sguardo intenso di un tempo, la vescica inizia ad essere meno collaborativa e le zampe incespicano a tratti sui gradini.
Assisteremo anche ad una variazione nella percezione della realtà: la perdita di vista ed udito e la sclerotizzazione delle funzioni cognitive fanno sì che il cane non possa più percepire la realtà vissuta così come avveniva in giovinezza o nell’età adulta. Ad esempio una percezione diversa delle temperature e dei rumori, aumenterà la sua sensibilità; con il calo della vista e dell’udito la sua percezione dello spazio subirà variazioni e potrebbe ricorrere al tatto per farsi un’idea di cosa c’è in un luogo, magari percorrendone il perimetro e poi concentrandosi sugli elementi centrali. Cecità e sordità sopraggiunte faranno cambiare l’approccio del cane al mondo ed anche noi dovremo adeguarci a questo nuovo modo di esperire la realtà.
Non vi è nulla di più meschino del guardare ad un cane anziano con occhi di pietà o di inutilità: non corre più, non salta più sul divano o in macchina, non è più il cane di un tempo, è diventato scorbutico. Toccherà a noi, se del caso, rallentare il passo ed adeguarlo al suo, diventare meditabondi e placidi se necessario, ma anche inserire rialzi negli spazi di casa che gli permettano di raggiungere i luoghi frequentati che ora ancora desidera, guardare il mondo immaginando che per lui è più ovattato e magari più pericoloso, accettare che la vecchiaia rende indiscriminatamente meno tolleranti.
Permettere al cane di vivere la sua vecchiaia, senza pretese performative, senza voler a tutti i costi cambiare quel “qui e ora”, comporta una accettazione del cambiamento, un accompagnamento maturo attraverso una importante fase della sua vita. Sarà nostra cura evitare di obbligare il cane a seguirci nella frenesia della giornata, dandogli la possibilità di riposare dove e quando gradisce (avremmo dovuto farlo anche quando era giovane ma ora, nel caso, possiamo rimediare) e staremo attenti a non disturbarlo o spaventarlo con rumori forti o con effetti a sorpresa non graditi (non lo sono mai stati).
Vale la pena ricordare che tanti cani anziani, anche se portatori di patologie, vivono una vita degna di essere definita tale: continuano ad esempio ad avere un ruolo nel gruppo affiliato in cui vivono, e/o sono referenti e guida per altri individui più giovani, a cui danno indicazioni di pensiero e comportamento e questo accreditamento gli consente di sentirsi importanti, vivi, presenti, proprio perché facenti parte di una comunità di cui sono tassello.
Ogni età ha i suoi punti di forza e le sue debolezze, la vecchiaia, in questo, non fa differenza.