(Adnkronos) – Sono 9,8 milioni gli italiani che soffrono di dolore cronico di intensità moderata o grave. Corrispondono al 19,7% degli italiani maggiorenni: due su dieci. Si oscilla tra il 14,7% dei giovani, il 21,1% degli adulti e il 20,9% degli anziani, con una prevalenza femminile: il 21,2% delle donne rispetto al 18,1% degli uomini. E con costi sociali per quasi 62 miliardi all’anno, considerando l’insieme delle spese a carico dei malati, il costo delle prestazioni sanitarie a carico del Servizio sanitario nazionale, la mancata produttività dei pazienti, i servizi di assistenza di cui necessitano e il 'care' informale. È quanto emerge dal 1° Rapporto Censis-Grünenthal "Vivere senza dolore", presentato oggi a Roma, alla biblioteca del Senato. Ancora sui costi: si stimano in 6.304 euro in media all’anno per paziente, di cui 1.838 euro di costi diretti e 4.466 euro di costi indiretti. I primi sono in capo ai pazienti per 646 euro e 1.192 euro ricadono sul Servizio sanitario nazionale. Complessivamente, dunque, si arriva a stimare in 61,9 miliardi all’anno la spesa in Italia. Le spese private afferenti alla gestione e alla cura della patologia pesano 'molto' o 'abbastanza' sul bilancio familiare secondo il 66,5% dei malati, per il 28% in misura ridotta e solo per il 5,5% non incidono significativamente. Le spese private pesano 'molto' o 'abbastanza' sui budget familiari del 76% delle persone con redditi bassi e del 48,3% delle persone più abbienti.  E ancora: per il 67,8% il dolore cronico moderato o grave ha un impatto sulla vita quotidiana e sul proprio benessere 'molto' (11,1%) o 'abbastanza' (56,7%) negativo, mentre per il 28,2% incide negativamente ma in misura ridotta e solo per il 4% non ha effetti negativi. In ogni caso, per il 92,8% dei malati il dolore cronico di intensità moderata o severa condiziona le proprie attività quotidiane e solo il 7,2% ci convive senza rilevanti effetti negativi.  I vincoli nella vita quotidiana sono: le difficoltà nel sollevare oggetti (per il 60,2%), fare ginnastica o altro esercizio fisico (59,3%), dormire (50,5%), passeggiare (49%), svolgere le faccende domestiche (48,5%), partecipare alle attività sociali e ricreative (36,8%), guidare l’automobile (23,6%), gestire le relazioni con i familiari e con gli amici (23,2%), il desiderio e le relazioni sessuali (22,7%), le ordinarie attività quotidiane come lavarsi e vestirsi (22,6%), l’alimentazione (18,6%). Ulteriori effetti negativi sulla condizione psico-fisica dei malati sono: il 48,8% avverte apatia, perdita di forze, debolezza, il 38,2% tende facilmente alla commozione, il 37% vive stati di ansia e di depressione, il 30,8% soffre di vertigini. Perciò al 38,2% capita di dover ricorrere a forme di supporto da parte di familiari, amici o volontari.  Per il 40,6% dei malati, inoltre, l’insorgenza della patologia ha avuto conseguenze negative sul proprio lavoro. Il 35,4% ha dovuto mettersi in malattia, il 30,8% ha dovuto chiedere permessi per recarsi dal medico e per effettuare le terapie, il 27,7% ha dovuto assentarsi spesso dal lavoro, il 25% ha ridotto il rendimento (e quindi le opportunità di carriera), il 13,3% ha dovuto cambiare mansioni, l’11,8% ha dovuto ridurre l’orario ricorrendo al part time (cui corrisponde una retribuzione ridotta), il 5,8% ha dovuto lavorare da casa, il 3,8% è stato costretto a cambiare lavoro perché l’impiego non era più compatibile con le problematiche legate al dolore. Addirittura, l’11,1% dei malati ha dovuto smettere di lavorare e l’1,2% è stato licenziato. Inoltre, il 41,3% dei malati occupati dichiara che la propria condizione viene talmente sottovalutata al lavoro da essere considerata un pretesto per assentarsi o per impegnarsi di meno. Ma a pesare sulla vita quotidiane sono anche solitudine e incomprensione. Il 62,1% dei malati riesce a tenere il dolore sotto controllo grazie a farmaci, terapie e trattamenti. Tuttavia, il 56,5% ritiene che nessuno capisca veramente la proprio sofferenza e il 46,7% si sente solo con il proprio dolore. Il 36,4% ha la sensazione che persino il proprio medico sottovaluti la patologia. Più in generale, per il 72,5% dei malati il dolore nella nostra società è decisamente sottovalutato. Ma cosa si aspettano i malati? Per l’81,7% il dolore dovrebbe essere riconosciuto come una patologia a sé stante. Per l’86,2% è fondamentale istituire, nell’ambito del Ssn, uno specialista di riferimento per il dolore cronico di intensità moderata o severa o un servizio specificamente dedicato.  —salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)

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