L’esodo giuliano-dalmata a Torino è stato molto rilevante, la città si confermò accogliente e d’aiuto. In questo articolo ripercorremo alcune tappe e situazioni di questo avvenimento di portata storica.
Il 18 maggio 1946, a guerra terminata da un anno, fu costituita una commissione composta da esponenti di Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Unione Sovietica destinata a decidere sul tema dei futuri confini fra Italia e Jugoslavia.
Esponenti delle Potenze vincitrici furono inviati nella Venezia Giulia per valutare la situazione, ma le zone visitate erano sotto il controllo delle autorità jugoslave. Che si attivarono per in tutti i modi per dimostrare la prevalenza dell’elemento slavo. Furono distrutte le effigi del Leone di San Marco, modificati i cognomi, distrutti i registri anagrafici e quelli delle parrocchie, modificate le lapidi nei cimiteri.
Storia
Per la popolazione italiana in quei territori la situazione stava diventando rapidamente insostenibile: dopo le foibe c’era stata la strage di Vergarolla e nel dicembre 1946, un paio di mesi prima della firma ufficiale del Trattato di Parigi che riconosceva buona parte delle pretese titine, iniziò il vero e proprio esodo dall’Istria e dalla Dalmazia.
In breve tempo si svuotarono città come Fiume, Pola, Zara, Capodistria e numerosi centri più piccoli: le cifre dell’esodo, che durò comunque alcuni anni, ebbe dimensioni imponenti, coinvolgendo pressapoco il 90 per cento dell’intera popolazione di origine italiana.
Il Governo dell’epoca, lacerato da gravi divisioni politiche, non fu in grado ci comprendere appieno le ragioni di un tale fenomeno e distribuì i profughi in tutta Italia, predisponendo 109 campi di raccolta spesso organizzati in maniera approssimativa.
In queste strutture i profughi giuliano-dalmati si trovarono a convivere con prigionieri di guerra rientrati in Patria, sinistrati, sfollati, italiani rimpatriati dalle colonie africane e dalle isole greche e cittadini indigenti. Si trattava di ex ospedali, caserme, scuole, conventi, colonie, stabilimenti industriali dismessi. E veri e propri campi di concentramento e prigionia, luoghi spesso in condizioni precarie dal punto visto igienico-sanitario.
Esodo a Torino
Molto numerosa fu la presenza di esuli nella nostra Regione, e in particolare nell’area di Torino e provincia. I primi, consistenti, arrivi nel capoluogo piemontese risalgono al febbraio 1947. Più precisamente, il 5 febbraio giunse il primo gruppo di un centinaio di esuli da Pola, presto seguiti da molti altri. I profughi ricevettero accoglienza migliore rispetto ad altri luoghi. E se non mancarono episodi di intolleranza è anche vero che furono numerose le iniziative di solidarietà ad opera di singoli e istituzioni.
Alla stazione di Torino Porta Nuova fu allestito un punto di accoglienza gestito dall’ECA (Ente Comunale di Assistenza). Per garantire, se non altro, un primo pasto caldo. I documenti dell’epoca parlano di latte e cioccolato per i bambini. Minestra, salumi o pesce con verdura, formaggio, frutta, vino e pane per gli adulti.
La Giunta comunale, poi, concesse l’esenzione dalle tasse scolastiche per i figli dei profughi, la mensa gratuita e l’assistenza scolastica.
Solidarietà torinese
I due principali quotidiani della città, “La Gazzetta del Popolo” e “La Stampa”, diedero vita a sottoscrizioni a favore degli esuli raccogliendo cifre di tutto rispetto. Interessante a questo riguardo la lettura di alcuni articoli di giornale, come quello dal titolo “Assistere i giuliani” apparso sulla “Gazzetta del Popolo”. Il giorno 8 febbraio 1947: “L’appello da noi lanciato ieri mattina per i soccorsi da offrire ai profughi di Pola che cominciano ad arrivare anche a Torino, ha avuto immediate e fervide adesioni in tutti gli ambienti della città.
Molte persone ci hanno scritto e telefonato ieri plaudendo ai concetti di solidarietà umana e nazionale da noi espressi nell’invito rivolto ai lettori. Ed alcuni torinesi hanno precisato senz’altro il loro proposito di dare ospitalità a uno o due profughi. Seguendo poi l’esempio dell’Unione industriale, che ci ha mandato 50 mila Lire per le più urgenti opere di assistenza. La ditta Martini & Rossi ci ha inviato 50 mila Lire. E la ditta Buratti Vaj ci ha fatto pervenire un pacco contenente tagli di tessuto di lana e un assegno di duemila Lire.”
I profughi in esodo arrivarono a Torino
Torino ha accolto il grosso dei profughi, ma un certo numero fu inviato in centri minori della provincia. A Montanaro trovarono accoglienza 30 profughi (secondo il Comune del piccolo centro, ventuno invece secondo secondo i dati della Prefettura di Torino). 41 a Pinerolo e altri a Borgone di Susa, Venaria e Rivoli.
Il processo di inserimento fu lungo e non sempre facile, ma nel corso degli anni grazie alle straordinarie doti di abnegazione e civiltà delle genti dalmate si realizzò appieno.