(Adnkronos) – Vent’anni fa l’Italia visse un’altra campagna elettorale europea molto intensa. Era il giugno del 2004 e al Colle c’era Carlo Azeglio Ciampi, mentre a Palazzo Chigi risiedeva Silvio Berlusconi, con Gianfranco Fini suo vice, in tempi in cui ancora andavano d’accordo (bisognerà attendere sei anni per il divorzio pubblico con il celebre “Che fai mi cacci?” urlato dalla platea dal leader della destra, divenuto presidente della Camera, al capo del governo). In quella tornata elettorale gli italiani mandarono a Bruxelles politici di peso. C’erano innanzitutto leader di partito che si candidarono per tirare la volata, ben consapevoli che per incompatibilità non potevano occupare lo scranno di Bruxelles, tra questi Silvio Berlusconi, Gianfranco Fini, Gianni Alemanno, Altero Matteoli, Maurizio Gasparri, Fausto Bertinotti, Clemente Mastella. Sotto le insegne di Uniti per l’Ulivo furono eletti, ad esempio, Massimo D’Alema, Pierluigi Bersani, Enrico Letta, Nicola Zingaretti, Mercedes Bresso, Luigi Berlinguer, Claudio Fava. Il Partito dei Comunisti Italiani elesse i suoi leader Oliviero Diliberto e Marco Rizzo, e passò il vaglio degli elettori anche la strana coppia Antonio Di Pietro e Achille Occhetto, uniti in una inedita lista elettorale.  Nomi importanti anche nel centrodestra con le elezioni dei due attuali vicepremier: Antonio Tajani, che vantava già esperienza decennale a Bruxelles, per Forza Italia e Matteo Salvini, per il suo primo e unico mandato da eurodeputato, per la Lega Nord. Il partito di Berlusconi elesse, tra gli altri, anche l’attuale presidente del Cnel, Renato Brunetta, e l’ex sindaco di Milano, Gabriele Albertini, mentre nella squadra di Umberto Bossi si riconfermarono due leghisti storici come Mario Borghezio e Francesco Speroni. In Alleanza Nazionale primeggiarono invece Romano La Russa, fratello del presidente del Senato, l’ex ministra Adriana Poli Bortone e l’attuale responsabile per la protezione civile, Nello Musumeci. Nell’Udc a convincere gli elettori furono Marco Follini, che dopo pochi mesi diventerà vicepresidente del Consiglio, Lorenzo Cesa e Raffaele Lombardo. Spazio a Bruxelles anche per le voci radicali di Marco Pannella e Emma Bonino (che a Bruxelles aveva fatto parte della commissione di Jacques Santer). Trovarono spazio, in quella tornata elettorale, anche alcuni protagonisti della scena politica della Prima repubblica come Ottaviano Del Turco e Paolo Cirino Pomicino. Bocciati dagli elettori invece l’avvocato Vittorio Dotti (che era passato dal centrodestra al centrosinistra dopo l’affaire Ariosto), il conduttore Alessandro Cecchi Paone, l’ex pallone d’oro Gianni Rivera e il giornalista Mino Damato. Ma i protagonisti di quelle elezioni non fu nessuno di questi. Le elezioni europee del 2004 rimarranno nelle cronache politiche per l’exploit di Lilli Gruber e, in misura minore, di Michele Santoro. I due giornalisti Rai scesero in campo in aperto contrasto al governo Berlusconi, a seguito di numerosi dissidi, esacerbati dal celebre “editto bulgaro” del 2002 dove il premier aveva criticato l’operato di Enzo Biagi, Michele Santoro e Daniele Luttazzi. L’attuale conduttrice del talk su La7 “Otto e mezzo” primeggiò nelle elezioni raccogliendo ben 795mila preferenze nella circoscrizione dell’Italia centrale dove era la capolista di Uniti per l’Ulivo. Un risultato clamoroso che doppiò le preferenze ottenute, nella stessa area, proprio da Berlusconi. Simbolico il successo anche nella capitale dove la Gruber, che poi aderì al Partito socialista europeo come disse durante la Festa nazionale dell’Unità di qualche settimana dopo, raccolse 236.689 preferenze contro le 136.500 di Gianfranco Fini e le 116.262 di Silvio Berlusconi. Una leadership che il settimanale l’Espresso, all’epoca diretto da Daniela Hamaui, riconobbe dedicandole una copertina dal titolo “Rosso Gruber”. —politicawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

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