FCA, Intesa San Paolo, Stato italiano: è questo il triangolo che sta suscitando scalpore in questi giorni. Sul piatto ci sono 6,3 miliardi di euro, che non sono bruscolini considerato il peso delle manovre economiche nazionali di questi tempi. Qual è il ruolo dell’Italia in questa vicenda? FCA richiede che lo Stato italiano si faccia garante del prestito che FCA stessa richiede a Intesa San Paolo. In pratica, se FCA non dovesse onorare il proprio debito, toccherebbe ai contribuenti italiani mettere mano al portafogli e sborsare 6,3 miliardi di euro.
La richiesta dell’ormai fu compagnia torinese ha un ché di sfacciato, se si pensa al rapporto tra l’azienda e l’Italia negli anni: miliardi di lire ed euro depositati nei bagagliai Fiat solo per vederla imboccare la strada di una delocalizzazione sempre più massiccia, fino a spostare in tempi non remoti la propria sede legale nei Paesi Bassi e quella fiscale nel Regno Unito. E tanti saluti. Ancor più recentemente (fine 2019), il Gruppo FCA ha annunciato la fusione con PSA (che controlla Peugeot e Citroën) accogliendo tra i propri azionisti niente meno che lo Stato francese che, immaginiamo, abbia tutto l’interesse che il gruppo di cui è azionista investa su suolo transalpino.
Con i decreti approvati dal Governo a marzo e aprile per sostenere l’economia italiana durante la crisi, sono state messe a disposizione delle aziende italiane garanzie finanziarie fino a 750 miliardi di euro per ottenere dalle banche prestiti a condizioni agevolate (il cosiddetto “Decreto Liquidità”): le imprese che hanno bisogno di denaro con cui pagare stipendi e altri costi fissi possono chiedere prestiti alle banche; lo Stato rimborserà quei prestiti qualora le imprese che li hanno chiesti non siano in grado di farlo. Le garanzie sono gestite da SACE, una società della Cassa Depositi e Prestiti, e possono essere usate solo per attività produttive che si svolgono in Italia e possono riguardare prestiti che non superino il 25 per cento del fatturato delle imprese che li chiedono.
FCA ha chiesto a SACE di ottenere garanzie per un prestito fino a 6,3 miliardi di euro che vorrebbe ottenere da Intesa Sanpaolo per finanziare le sue attività in Italia; non è chiarissimo come dimostrerebbe questa condotta. Il prestito è ancora in discussione e per il momento SACE non ha approvato le garanzie chieste dal gruppo. Tuttavia, il premier Conte sia è detto favorevole ad accogliere la richiesta di FCA in quanto avere sede legale e fiscale in Italia non è un prerequisito richiesto nel Decreto Liquidità e perché gran parte delle attività del gruppo sono in Italia e riguardano lavoratori italiani.
Condotta lecita di FCA o tentativo di far leva su un Paese in crisi avendo in mano un potere contrattuale pari alla minaccia di 55.000 operai in Cassa Integrazione? Data la ciclicità della storia, si tratta probabilmente di entrambe le cose.