Piergiorgio Bertucci è un medico, specialista in medicina tropicale e malattie infettive. Su questa testata vogliamo essere liberi di parlare di tutto con tutti. E, sapendo le perplessità mediatiche sui vaccini, abbiamo deciso di chiedere a uno dei maggiori esperti del torinese. Pubblicheremo le parole del Dott. Bertucci integralmente, in modo che ogni persona potrà farsi la propria idea. In modo che ogni lettore possa scegliere in libertà cosa fare col proprio corpo. Ma, soprattutto, che ogni eventuale scelta sia davvero consapevole.

L’intervista a Piergiorgio Bertucci, cosa aggiungere sulla “pandemia”?

Cosa c’è da dire, attualmente, sulla Pandemia? Cosa c’è da aggiungere, al calderone delle notizie che quotidianamente leggiamo e che a volte hanno anche ingenerato confusione nelle persone. Oltre al fatto che le terapie a nostra disposizione contro i virus non sono sufficienti a guarire i malati? Soprattutto coloro che si ammalino gravemente?

Beh, c’è sempre qualcosa da dire, e comincerei parlando del fatto che i casi, in Italia, stanno diminuendo.
Ciò si sta verificando per vari motivi, fondamentalmente due: immunità naturale e immunità vaccinale.
Cos’è l’immunità naturale? E’ quella acquisita da quella parte di popolazione che è sopravvissuta al contatto col virus. Ricorderei che questa immunità si acquisisce al prezzo di vite umane. Solo in Italia, malgrado quanto propalino i negazionisti, i decessi causati dal Covid hanno ormai superato i 120.000. Cifra che può sembrare piccola rispetto ad una popolazione di 60.000.000 di persone, ma a mio parere non proprio trascurabile.

Inoltre, il tentativo di acquisire l’immunità naturale, presenta fondamentalmente due problemi.
Il primo è che quando un serbatoio per potenziali ospiti si esaurisce, è solo questione di tempo prima che un altro serbatoio, senza protezione immunitaria, si riformi. Facendo correre il rischio di nuove epidemie, rischio decisamente concreto e tradottosi in realtà con molte altre malattie (per esempio, la poliomielite).

Il secondo problema è rappresentato, soprattutto per i virus a RNA (come SARS-CoV-2), dalla formazione di varianti. In parole povere, lasciato a sé stesso, un virus muta costantemente. E per quanto molte varianti non esprimano maggiore patogenicità (cioè non divengano più pericolosi) oppure addirittura giungano a un punto morto evoluzionistico (cioè in pratica scompaiano). Alcune varianti possono divenire maggiormente letali e/o maggiormente contagiosi e causare quindi più morti dell’ondata epidemica precedente. E il fenomeno delle varianti SARS-CoV-2 è ormai ben conosciuto dai più.

E l’immunità vaccinale, invece?

I vaccini proteggono. E quelli a nostra disposizione hanno mostrato una grande efficacia.
Efficacia nel ridurre la propagazione del virus, le forme più gravi della CoViD-19 e la creazione di varianti e quindi la morbilità e la mortalità generali.
La sorveglianza post marketing ha evidenziato possibili criticità soprattutto per i vaccini definiti “a vettore virale” (tra cui Vaxzevria® di Astra Zeneca; Janseen®, della Johnson e Johnson è anch’esso un vaccino a vettore virale, per il quale, però, al momento non si rilevano grandi criticità ma che per motivi precauzionali viene considerato “simile” a Vaxzevria®).
Per questo motivo, i Piani Vaccinali hanno subito e subiscono variazioni, sulla base delle evidenze che si appalesino a mano a mano.

Sulla base quindi delle nostre attuali conoscenze, i vaccini a mRNA (Pfizer e Moderna) saranno utilizzati per vaccinare la popolazione “under 60”. Anche per il richiamo di coloro a cui sia stata somministrata la prima dose con Vaxzevria®. Mentre, considerando la pressoché completa assenza di effetti collaterali severi, i vaccini a vettore virale Astra Zeneca e Johnson&Johnson saranno a disposizione per le persone di età superiore ai 60 anni.

Ma perché vaccinare i giovani, Dott. Piergiorgio Bertucci?

Beh, i virus sono bestie strane. Mutano. Spontaneamente. E SARS-CoV-2 muta molto bene (conosciamo tutti, come detto sopra, il fenomeno delle varianti); molte varianti sono a “fondo cieco”, cioè svantaggiose. Svantaggiose per la sopravvivenza, magari diminuendo la contagiosità, la virulenza e altri fattori che permettono il perpetuarsi della loro esistenza.

Tutti noi sappiamo (ormai siamo tutti espertissimi) che le persone colpite più duramente sono quelle comprese nella fascia di età più elevata, mentre casi severi tra i giovani adulti, i giovanissimi e i bambini si sono contati sulla punta delle dita delle mani.
Il meccanismo per il quale sia avvenuto ciò, malgrado molte logiche ipotesi, non è completamente chiarito, però il dato di fatto rimane.

E allora perché vaccinare i giovani, ripeto?

Perché, come accade in Natura, una volta esaurito un serbatoio ove il virus può replicarsi bene (malattia più grave = maggiore diffusione. Gli “asintomatici”, tra cui giovani e bambini, trasmettevano e trasmettono comunque meno SARS-CoV-2). Una variante potrebbe colpire in maniera severa anche coloro che fino ad ora sono stati risparmiati dalle manifestazioni clinico-epidemiologiche più gravi: i giovani e i bambini.

Perché pensare ad intervenire su cose che non si sono verificate?

So che pongo molte domande. Ma domandarsi il perché delle cose è uno dei modi in cui si comporta uno “scienziato”. (E più in generale, qualsiasi persona intelligente).

Beh, visto che siamo caduti in una situazione drammatica proprio perché malgrado libri (“Spillover”), personaggi pubblici (Bill Gates) e qualsiasi epidemiologo/infettivologo e affini lo avessero detto e lo dicessero a ogni piè sospinto nessun governo ha pensato a fare qualcosa “prima” che si verificasse questa pandemia, direi che a questa domanda la risposta viene da sé.
Perché si deve prevenire. Cioè intervenire, fare qualcosa, prima che un evento (prevedibile e comunque possibile) si verifichi.

Vaccinare i giovani, gli adolescenti e anche i bambini (quando i vaccini saranno autorizzati in merito) è una necessità. Da attuare prima di ritrovarci nuovamente con malati, ospedali pieni, persone in Rianimazione. E stavolta persone più giovani, come accadde per la Pandemia di Influenza Spagnola un secolo fa.

Ma… se poi le varianti del virus non virassero verso un serbatoio più giovane? Se l’evento possibile non di verificasse?

In questo caso avremmo comunque soppresso (o meglio, “ridotto”, visto che nessun farmaco è efficace al 100%) un serbatoio potenziale per la sopravvivenza. E interrotto la trasmissione del virus. Tenendo conto anche di una cosa non certo irrilevante: i cosiddetti “asintomatici” (definizione non precisissima ma comunque chiara) rappresentano i diffusori più subdoli, proprio perché apparentemente meno pericolosi.
E quindi avremmo comunque contribuito in maniera fondamentale al controllo di SARS-CoV-2 e a ridurre il rischio e/o il peso di nuove ondate epidemiche.

Malgrado eventi severi che sembrano aver colpito alcune persone, i vaccini sono stati, sono e saranno sempre la risposta alle epidemie. E, più, in generale, a molte malattie infettive.

Grazie dott. Piergiorgio Bertucci

Ricordiamo e ribadiamo sempre che “Prevenire è meglio che curare” dovrà, ora e sempre, guidare i nostri passi.
Se lo dimenticheremo, se non lo terremo presente, saremo condannati a ripetere i nostri errori, a rivedere le malattie infettive risorgere, a rivedere le persone colpite da SARS-CoV-2 nelle Rianimazioni. O piante da noi Sanitari e dai loro cari. E da tutti noi.

E questa credo che sia una cosa a cui nessuno di noi vorrebbe mai più assistere. Vacciniamoci, quindi. In fretta. Tutti.
E allora forse, invece di dire “andrà tutto bene” potremo davvero dire “E’ andato tutto bene”.

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