Si parla tanto della cosidetta “Torino Magica”. Torino vanta innumerevoli storie di tradizioni esoteriche secolari.
Ci troviamo in Via XX Settembre 40, nel pieno centro della città di Torino, oggi sede della Banca Nazionale del Lavoro.
Il Portone del Diavolo è l’entrata del palazzo Trucchi di Levaldigi: fu scolpito nel 1675 da una manifattura di Parigi proprio su richiesta di Giovanni Battista Trucchi di Levaldigi, conte e generale delle Finanze di Carlo Emanuele II. La porta è molto elaborata, intagliata di fiori, frutta, animali ed amorini, anche un topolino.
Da cosa deriva il nome allora? Dal batacchio centrale che, appunto, raffigura il diavolo che scruta i visitatori che bussano alla porta. Ma non solo, il battacchio è anche composto da due serpenti le cui teste si uniscono nel punto centrale.
Sono poi ben due gli episodi “diabolici” che vengono associati alla storia del palazzo.
Il primo risale al 1790: durante un ricevimento della durata di tre giorni e tre notti una ballerina, Emma Cochet o Vera Hertz a seconda della fonte, venne misteriosamente pugnalata a morte. Né il colpevole, né l’arma del delitto vennero mai trovati.
Un po’ di anni dopo è il turno di Melchiorre Du Perril, un soldato di cui, dopo essere entrato nel palazzo, non si seppe più nulla. Nessuno lo vide uscire né sapeva dove fosse. Vent’anni più tardi dei muratori trovarono il suo scheletro murato all’interno del palazzo.
Per quanto riguarda la versione “magica”, sembra addirittura che il portone sia comparso dal nulla una notte. Si narra che, quella notte, un apprendista stregone avesse invocato le forze oscure e lo stesso Satana. Il Diavolo, scocciato da questa invocazione, decise di punire lo stregone imprigionandolo dietro il portone che il malcapitato non riuscì mai più ad aprire.
Se non bastasse, sulla storia del palazzo si narra che, nel 1600, fosse anche la Fabbrica dei Tarocchi. Cosa che gli esoteristi di sicuro non valutano casuale.