Ovvero l’importanza di costituire una Confederazione neolatina fra Paesi di lingua italica.
Oggi vi parleremo di un progetto geopolitico dimenticato. Frutto dell’idea proposta dal grande politologo Alexandre Kojève al generale Charles de Gaulle, nell’agosto 1945, dopo la fine della seconda guerra mondiale.
Il ragionamento del filosofo-stratega francese d’origine russa parte da un presupposto: se la Francia vorrà contare nella competizione mondiale fra i colossi usciti vincitori dal conflitto – Stati Uniti e Unione Sovietica – dovrà trasformarsi nel nucleo fondativo di un’alleanza tra popoli apparentati perché romanizzati, culturalmente cattolici e di civiltà latino-occidentale.
Kojève guardava all’Italia e alla Spagna e ai loro ex-imperi coloniali, che uniti a quello francese, avrebbero potuto modellare il terzo polo nella sfida fra le potenze anglosassoni e quella russo-sovietica.
Le possibili periferie di questo sistema francocentrico e neobonapartista erano il Portogallo e la Romania, anch’essi paesi “latini”, comprese le colonie di Lisbona in Africa occidentale e meridionale.
La sua tesi dominante era semplice
La Francia come singolo Stato nazionale è fuori gioco, se vuole restare nella storia deve rinascere come Impero latino. Uno schema di ragionamento non solo molto attuale, ma applicabile anche e soprattutto all’Italia.
Nel suo nucleo francocentrico ideale Kojève pensava ai popoli da lui definiti “apparentati” perché neolatini di lingua, culturalmente cattolici e appartenenti alla civiltà del diritto romano. Italiani e spagnoli in testa.
Come si conviene a un genio beffardo e manipolatore, capace di sedurre arroganti intellettuali e dirigenti politici, per installarsi nelle casematte dello Stato profondo francese, Kojève scherza su quell’esercizio fiammeggiante di paradossi: «Dopo la guerra, siccome non c’era nulla da fare, ho deciso di resuscitare l’Impero Romano. Ma cosa potrà offrire? Forse una comune squadra di calcio».
Ma guai a prendere sul serio Kojève quando finge di prendersi in giro.
L’Impero latino è tutt’altro che un passatempo domenicale d’un pensatore un po’ annoiato. S’inscrive in una tradizione strategica nutrita da decenni di politiche neoimperiali perseguite dall’Eliseo.
In questi ultimi anni il “deep state” della “Republique” sembra aver perseguito per filo e per segno tutto quello che aveva teorizzato Kojève, o meglio, quasi tutto. Manca solo un’alleanza neolatina che diviene Impero; proposta che puntualmente, un po’ come la ciliegina sulla torta, non è tardata ad arrivare nelle ultime amministrazioni francesi. Basti pensare alla recente intesa Draghi-Macron in funzione antitedesca, dall’Union Latin all’Union pour la Mediterranèe proposta dagli ultimi presidenti neogollisti.
Insomma, Parigi per divenire Impero ha bisogno della sua creatrice, Roma
Ma l’idea di un Unione neolatina ha origini lontane. Il XIX sec., imbevuto di bonapartismo, forse fu il secolo che più di tutti cercò di latinizzare l’Europa e il Mondo, e in parte ci riuscì; con un Napoleone che, come un apostolo laico, provò a diffondere il nuovo “verbo” dei diritti dell’Uomo e del cittadino, civilizzando la vecchia Europa col diritto, proprio come fecero un tempo gli antichi generali romani.
Nonostante la disfatta dei due Napoleone (il I e il III), va ricordato che Parigi non ha mai accantonato il sogno di ricreare un nuovo “Impero Romano illuminista”, una “Republique universelle” neolatina. Basti ricordare che fu proprio un giurista francese (Félix Esquirou de Parieu) a dare vita, nel 1865, all’Unione monetaria latina (intesa cofirmata da Italia, Francia, Belgio e Svizzera), un accordo monetario che continuerà anche dopo il bonapartismo.
Ma l’ultimo capolavoro erede della “dottrina Kojève” sembra essere l’EuroMED, ovvero un gruppo costituito da 7 paesi mediterranei e latini membri dell’ UE: Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Grecia, Cipro e Malta.
Il richiamo di Parigi all’Impero Romano è evidente. L’Organizzazione Internazionale riunisce infatti tutti i paesi di cultura greco-romana: comprende perciò il Portogallo, nazione di lingua neolatina ma senza costa mediterranea, ed esclude altri paesi mediterranei dell’UE, come la Croazia e la Slovenia (entrambi paesi slavi e strategicamente legati all’area germanica).
La creazione di questo gruppo può essere spiegata per le somiglianze di modelli di Stati, economiche, sociali e di prossimità culturale dei suoi membri.
Gli obiettivi del gruppo sono: creare un’alleanza tra i paesi del sud-europeo; promuovere politiche economiche di rilancio contro l’austerity; esprimere la voce singolare dei paesi del sud Europa in virtù e nella consapevolezza di essere i paesi fondanti della Civiltà Occidentale.
In attesa che anche l’Italia faccia sua l’intuizione e la strategia proposta da Kojève, non si può non esprimere ammirazione per un progetto geostrategico così lungimirante e così ben architettato dall’Eliseo.
La Francia è riuscita a fare tutto quello che la nostra giovane repubblica non è ancora riuscita a compiere: stringere rapporti strategici con altri paesi di cultura neolatina; comprendere le potenzialità delle terre di idioma neolatino presenti in Africa e nelle Americhe; intercettare la possibilità che un’unione neolatina su base economica e militare possa costituire in futuro un blocco alternativo, forte e competitivo rispetto alle grandi Repubbliche imperiali asiatiche e americane.
Mentre il Quirinale e Palazzo Chigi pensano a ridefinire l’elemosina europea con appellativi propagandistici, quali “ripresa” e “resilienza”, gli altri paesi si organizzano per perseguire una propria politica internazionale. Che tenga conto dei propri punti di forza e delle proprie legittime aspirazioni in un futuro sempre più incerto.
Mi chiedo se arriverà mai il giorno in cui anche l’Italia porterà a compimento gli interessi di Roma, sua capitale Aeterna, affrancandosi dal perenne ruolo di “sciuscià” ritagliatasi in questi ultimi e nefasti decenni, dal dopoguerra ad oggi.