(Adnkronos) – Il riscatto della laurea varrà di meno per la pensione anticipata ma non sarà retroattivo. Era questa l’indicazione che aveva dato la premier Giorgia Meloni nel suo intervento in Senato ed è questa la risposta che ha dato, per i corridoi di Montecitorio, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti a chi gli ha chiesto della nuova formulazione del governo dell’emendamento alla manovra che contiene la stretta sulle pensioni. Il testo depositato in Commissione Bilancio però dice un’altra cosa: la misura che abbassa il peso del diploma di laurea riscattato non c’è più. “Giorgetti ha sbagliato”, chiosa il relatore della Lega (lo stesso partito del titolare del Mef), Claudio Borghi.  

Secondo il testo, depositato in Quinta, le risorse che sarebbero dovute arrivare da questa misura per coprire gli eventuali costi derivanti dalle norme sulla previdenza complementare, verrebbero recuperate da una rimodulazione dei fondi nello stato di previsione di via XX Settembre ancora da ripartire per le infrastrutture. Resterebbe invece, per ora, l’allungamento delle finestre mobili per l’uscita anticipata.
 

Ma il Carroccio non si arrende: la mezza marcia indietro dell’esecutivo non basta. “Mancano le finestre: chiederemo una nuova riformulazione”, assicura ancora Borghi, che sull’aumento dell’età pensionabile non vuole dare “segni equivocabili” perché “non c’è nessuna volontà politica”. E’ plausibile che arrivi quindi un nuovo, ulteriore, testo dall’esecutivo? “Dovrebbe arrivare qualcosa”, dice il capogruppo di FdI in Senato, Lucio Malan, secondo cui se da un lato l’ideale sarebbe “eliminare” queste finestre, un più realistico auspicio è quantomeno “di attenuare il più possibile”. 

Intanto però il nodo blocca la Commissione: dopo la ‘notturnina’ di mercoledì le votazioni sono riprese nel pomeriggio di giovedì, ma – con l’arrivo dell’emendamento – sono state sospese poche ore dopo, fino alle 21. Nei corridoi dell’ammezzato sono comparsi i capigruppo di maggioranza e opposizione, convocati per degli incontri bilaterali con il governo (era presente il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani, oltre al sottosegretario al Tesoro Federico Freni). 

“Il governo ha superato una soglia pericolosa: non siamo più di fronte ad una riforma discutibile ma ad una riforma delle pensioni fatta in maniera surrettizia, sbagliata e gravemente lesiva di diritti acquisiti su cui la presidente del Consiglio ha smentito, in aula, il ministro dell’Economia”, è il commento del capogruppo del Pd, Francesco Boccia. “Abbiamo chiesto un time-out”, perché – denuncia – “è evidente che la maggioranza è pesantemente divisa” e che ha prodotto una finanziaria “caotica, pasticciata, inadeguata e spinge alla macelleria sociale perché pagano sempre gli stessi. La propaganda è caduta, la vicenda dell’oro è stata una grandissima boutade su cui purtroppo è stato fatto discutere il Paese, come altre cose”. 

A far piantare i piedi alla Lega – e anche alle opposizioni – è stata una delle misure contenuto del maxi emendamento da 3,5 miliardi approdato martedì a Palazzo Madama con cui, di fatto, l’esecutivo ha ridisegnato i contorni del ddl bilancio varato a ottobre. Le questioni sono due. La prima: l’allungamento delle finestre mobili per il pensionamento anticipato. La proposta che ha avanzato il governo infatti (e che è tuttora in piedi) prevede un allungamento dei mesi per la decorrenza del trattamento pensionistico per i lavoratori che maturano i requisiti per la pensione anticipata dal 2032. Si dispone infatti, per chi matura i requisiti per l’uscita anticipata (42 anni e 10 mesi di contributi, con un anno in meno per le donne) nel 2031 un posticipo della decorrenza di tre mesi. Ma quest’ultima aumenta progressivamente: a quattro mesi per chi matura i requisiti nel 2032 e 2033, a cinque mesi per chi li raggiunge nel 2034 e a sei mesi per chi li matura nel 2035 (quindi tre mesi in più rispetto al 2031).  

Accanto, la norma saltata, secondo cui dal 2031 il riscatto della laurea breve avrebbe avuto un peso minore per raggiungere i requisiti necessari al prepensionamento, in maniera progressiva dal 2031 in poi. Una clausola di salvaguardia – avevano spiegato i senatori di maggioranza – per sopperire agli eventuali ammanchi di cassa dovuti al tiraggio della previdenza complementare. La Lega aveva proposto di trovare queste risorse eventuali aumentando ancora l’Irap (da +0,2 punti percentuali nel 2030 fino a +4 punti percentuali nel 2035), ma era arrivato un primo altolà da Forza Italia con Gasparri che, a margine dei lavori della Bilancio, aveva commentato con un asciutto: “I patti si rispettano”. 

 

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