(Adnkronos) – La risposta al 'pressing' dei partner dell'Eurozona sull'Italia perché ratifichi la riforma del Mes è arrivata chiara da Milano. Il segretario della Lega Matteo Salvini ha detto che l'Italia non ratificherà "mai" la riforma, negoziata dal Conte uno e firmata sotto il Conte due, riforma che la Lega considera "una follia europea". E per chi a Lussemburgo non avesse ancora capito, ha aggiunto: "Se lo approvino loro. Non ci serve il Mes". Le parole di Salvini hanno confermato, casomai ce ne fosse bisogno, quello che il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, a Lussemburgo, ha spiegato giovedì ai colleghi nel consiglio dei governatori del Mes: nel Parlamento italiano "non c’è una maggioranza" per votare la riforma. Giorgetti, a sei mesi esatti dalla bocciatura della ratifica alla Camera, è stato chiamato dai colleghi ministri nel consiglio dei governatori del Mes a spiegare che cosa intenda fare il nostro Paese, ancora una volta. Ogni volta, Giorgetti deve spiegare la stessa cosa. Come è risultato evidente il 21 dicembre 2023, quando la Camera ha bocciato la ratifica, in Parlamento "non c'è una maggioranza" per approvarla. "Quello che c'è di nuovo – ha spiegato il ministro – è che per la prima volta" il direttore del Mes, Pierre Gramegna, "ha fatto delle riflessioni, recependo anche critiche che abbiamo sempre fatto, per cercare di cambiare il meccanismo e portarlo verso un utilizzo, tipo un fondo sovrano europeo, ad esempio, sul tema della difesa, evitando che magari i singoli Stati nazionali si debbano indebitare o spendere a livello nazionale". Si tratta, però, ha avvertito il ministro dell'Economia, di "una discussione appena abbozzata. Che, tra l'altro, ha incontrato molte resistenze da parte di quasi tutti i Paesi, specialmente i nordici". Difficile convincere i partiti della maggioranza di fronte a una prospettiva così vaga. Dunque, ha spiegato Giorgetti, ratificare la riforma del Mes in Italia "a breve è impossibile. A lungo dipende". Se il meccanismo con sede a Lussemburgo "cambia, se migliora, se cambia la sua natura e come. Lo abbiamo sempre chiesto: la discussione è appena iniziata, in mezzo a mille difficoltà". A Lussemburgo, però, vogliono prima la ratifica della riforma. Solo poi si potrà parlare di eventuali nuovi strumenti. "E' evidente che, se richiedono prima la ratifica – ha osservato Giorgetti – diventa sostanzialmente impraticabile. E' una discussione in cui siamo ormai da qualche tempo. Onestamente, dalla discussione di giovedì mi sembra che siamo ancora molto lontani" dall'avere un impegno per rivedere le finalità del Mes. Infatti, ha osservato Giorgetti, "c'è un fronte molto consistente, il solito fronte molto consistente che già conosciamo sulle regole europee, che è assolutamente contrario a cambiare la natura" del Mes, "quindi, sostanzialmente questa situazione è destinata nel breve a non cambiare, sicuramente". Giorgetti ha fatto capire che il governo italiano ritiene di essere vittima di un pregiudizio politico, per via del fatto che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, nel Consiglio Europeo informale di lunedì scorso, non è stata coinvolta nei negoziati sulle cariche apicali: il trio Ursula von der Leyen-Antonio Costa-Kaja Kallas è planato sul tavolo dei leader dopo essere stato negoziato separatamente dai delegati nel Consiglio Europeo dei delegati dei tre partiti della maggioranza: Ppe, Pse e Liberali. E nel consiglio dei governatori, "ho detto semplicemente – ha chiarito Giorgetti – che introdurre il tema della ratifica del Mes in questo momento mi sembrava buttare sale sulla ferita e, quindi, improprio”. Dunque, il pressing congiunto e instancabile del presidente dell'Eurogruppo Paschal Donohoe e del direttore del Mes, Pierre Gramegna, si scontra con un dato di fatto, l'impossibilità di ratificare la riforma in Italia, per la mancanza di una maggioranza a favore nel Parlamento italiano. Lo stallo sul Mes, che si protrae dall'inizio del governo Meloni, dunque, continua. Come ha detto il ministro Giorgetti, “non se ne esce”. —economiawebinfo@adnkronos.com (Web Info)