E’ costato caro a quattro tassisti il raid che, a Torino, misero a segno nel 2015 contro un autista di Uber. Sono stati tutti condannati a un anno e cinque mesi per tentata violenza privata, danneggiamento e calunnia. La sentenza pronunciata dalla Corte d’appello è stata convalidata dalla Cassazione, che ha dichiarato inammissibili i loro ultimi ricorsi.
L’episodio risale alla notte del 31 maggio 2015, mentre infuriavano la protesta dei tassisti per quella che è stata definita “concorrenza sleale del servizio Uber”. L’autista, nella ricostruzione dei giudici, fu circondato e minacciato. Finché non riuscì a sfuggire con lo “speronamento” e il “disarcionamento” dei suoi aggressori.
Gli imputati sostennero che in realtà furono loro ad essere le vittime di un tentativo di investimento, e che l’autista era scappato perché sapeva di essere in torto. Pochi giorni prima, del resto, il tribunale di Milano aveva sospeso il servizio Uber-Pop. La Corte, però, ha stabilito che la loro versione dei fatti è stata calunniosa.