Foibe e esodo, dal 2004 la giornata del ricordo è legge. Ma oggi è ancora difficile sentirne parlare nelle scuole. Un ritratto di un’Italia che non riesce a fare pace col passato e che, di fatto, ha istituito il Ricordo troppo tardi.
Quello che è successo nel confine orientale è storia del dopoguerra, tra il 1945 e il 2004 (giorno in cui l’Italia dichiara il giorno del ricordo per legge) sono passati ben 60 anni. Negli anni prima solo la destra politica ha cercato, in qualche modo, di parlarne. Ma spesso la politica degli alti livelli evitava di diffondere la tragedia. Nonostante però il ricordo sia ormai istituzionale, dopo quasi 20 anni ancora si fatica a parlarne nelle scuole.
Il piccolo sondaggio nelle scuole sul ricordo delle foibe
Chi scrive ha fatto un piccolo sondaggio personale. Nessuna volontà di campioni e quote, solo personale, appunto. E’ stato chiesto a tanti amici con figli ad elementari e medie se a scuola se ne fosse parlato. La risposta è stata sempre no: il 10 febbraio nessun figlio delle persone “intervistate” ha sentito i “maestri” parlare delle foibe. Si dirà, elementari e medie sono piccoli, probabilmente è una scelta didattica per evitare di parlare a ragazzi tra i 6 e i 13 anni di cose brutte, di guerra. Che, a dire la verità, avrebbe senso. Ma non può essere questo il motivo, sennò non si parlerebbe nemmeno di altre tragiche ricorrenze, perché tutte le ricorrenze storiche sono purtroppo bagnate da sangue.
Giornata del Ricordo, appunto. Cosa significa però “ricordare“?
Ricordare deriva dal latino recordari ed è composta dal prefisso re- davanti al sostantivo cor, cordis. Che in latino significa cuore. Secondo gli antichi, infatti, era quella la sede della memoria. Ricordare arriva dal più sacrale “portare nel cuore”. E così, come ricordiamo ai nostri figli i nonni che purtroppo sono mancati, o gli raccontiamo cose che portiamo nel cuore, che senso ha istituire un giorno del Ricordo, se poi non viene portato nel cuore davvero?
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