(Adnkronos) – Donna (in oltre il 72% dei casi), tra i 30 e i 40 anni (più di un terzo), che opera nel servizio pubblico (quasi nel 90% dei casi) e soprattutto in pronto soccorso (42%): è questo l'identikit degli infermieri che più subiscono aggressioni sul luogo di lavoro. Il dato emerge da un sondaggio condotto su un campione di iscritti all'Albo dalla Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi), per la rilevazione promossa dall'Osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie del ministero della Salute su tutte le categorie di personale sanitario, con l'obiettivo di scattare una fotografia della situazione nel 2023. Il rapporto è stato presentato oggi a Roma al ministero della Salute, in occasione della Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari. Le violenze fisiche sono ormai all'ordine del giorno delle cronache, con episodi gravi, ma anche i casi di violenza verbale – come sottolineato dalla Fnopi – hanno risvolti negativi sui professionisti: la conseguenza professionale prevalente riguarda il "morale ridotto" (41%) e "stress, esaurimento emotivo, burnout" (33%), che secondo lo studio Bene, presentato a dicembre 2023 dalla Federazione, mette a rischio la qualità delle cure e la sicurezza dei pazienti e genera spesso nei professionisti (45,2% dei casi) la volontà di abbandonare il posto di lavoro. "Il vissuto di un infermiere, di un professionista che in qualche modo è aggredito – afferma Barbara Mangiacavalli, presidente Fnopi – è un vissuto che fa fatica ad essere elaborato. Ci sono studi internazionali che ci parlano di episodi di burnout, stress, disaffezione, tanto è vero che in questi anni si registrano molti casi di abbandono delle professioni di cura e assistenza". —salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)