(Adnkronos) – L'impiego contro gli Houthi del sistema missilistico navale americano Phalanx Close In (Cwis) in dotazione al cacciatorpediniere Uss Gravely, rappresenta una novità in questa guerra. E' la prima volta che il Cwis, un sistema significativamente denominato "ultima linea di difesa", viene usato in questo conflitto nel Mar Rosso. Ed è avvenuto martedì sera in risposta a un attacco con un missile da crociera che ha sfiorato la nave da guerra americana (è passato a poco più di un chilometro e mezzo di distanza). Il sistema automatizzato Phalanx presenta cannoncini Gatling in grado di sparare 4.500 proiettili da venti millimetri al minuto, contro obiettivi, anche in movimento come proiettili, a distanza molto ravvicinata. "E' un sistema controllato elettronicamente, con il cannoncino guidato da radar che può distruggere missili anti nave e altre minacce ravvicinate a terra e in mare", spiega la produttrice Raytheon sulla pagina web intitolata proprio "ultima linea di difesa'. Le navi da guerra americane hanno distrutto decine di missili Houti in precedenza con sistemi di difesa a raggio più lungo, come i missili Standard SM-2, Standard SM-6 ed Evolved Sea Sparrow, ricostruiscono analisti militari citati da Cnn. Tutti missili intercettano il loro obiettivo a circa 12 chilometri di distanza. Ma martedì così non è stato. E le ragioni devono ancora essere rivelate. Alcuni, come Tom Karako, direttore del Progetto di difesa missilistica al Centro di studi strategici e internazionali, esprimono la loro preoccupazione per l'incontro ravvicinato fra il missile Houti e la nave da guerra americana. "1,6 km si traduce in un periodo di tempo non molto lungo", afferma. Carl Schuster, ex capitano della Marina Usa, è entrato nei dettagli, spiegando che il missile Houti, che viaggiava a circa 900 chilometri l'ora, era a 4 secondi dall'obiettivo quando è stato distrutto, da una raffica durata due o tre secondi del sistema Phalanx. E, aggiunge, colpire un missile a tale breve distanza non impedisce che i detriti del sistema distrutto colpiscano comunque l'obiettivo. "I missili non evaporano quando sono distrutti. Distribuiscono in giro migliaia di frammenti. La buona notizia è che le parti più leggere decelerano velocemente, ma i pezzi più grandi possono procedere per 500 metri", spiega. Più vicino è il missile nemico quando viene distrutto, più alto il pericolo per la nave, con i detriti più grossi in grado di penetrare sezioni non corazzate dello scafo, aggiunte Schuster. E per entrare nel merito dell'attacco di martedì: con un missile da crociera a velocità subsonica come quello "in funzione dell'eventuale esplosione della testata, delle dimensioni dei detriti, dell'angolazione della traiettoria del missile e dell'altitudine al momento della sua distruzione, circa il due per cento dei detriti possono colpire la nave", sottolinea. E fino al 70 per cento dei detriti di un missile che viaggia a velocità più elevate, come i missili supersonici da crociera o i missili balistici, potrebbero colpire la nave dopo essere stati intercettati dal Phalanx, aggiunge. Il Phalanx ha una altitudine di intercettazione limitata. Quindi potrebbe non essere neanche in grado di colpire missili balistici lanciati contro una nave da guerra. Ma anche con questi caveat, concordano gli esperti, il sistema introdotto nel 1980 e ora installato su tutte le navi militari, è importante per la marina americana. Almeno 24 Paesi alleati lo usano. Il giorno dopo l'attacco contro la Gravely, la Uss Carney ha respinto un altro attacco missilistico. E in seguito le forze Usa hanno abbattuto un drone Houti all'altezza del Golfo di Aden e distrutto un altro drone sul Mar rosso. E, sempre secondo le informazioni diffuse dal Comando centrale americano, due missili balistici lanciati dalle zone dello Yemen controllate dagli Houti, non sono riusciti a colpire gli obiettivi. E sembra che sia solo l'inizio di un conflitto destinato a durare. —internazionale/esteriwebinfo@adnkronos.com (Web Info)