(Adnkronos) – Un panorama dell'arte italiana ed europea tra gli anni Dieci e Settanta del Novecento attraverso le parole del poeta Giuseppe Ungaretti (Alessandria d'Egitto, 1888 – Milano, 1970) presentando a fianco di materiali d'archivio, scritti, corrispondenze e poesie una scelta di opere di Giacomo Balla, Ardengo Soffici, Carlo Carrà, Gino Severini, Amedeo Modigliani, Giorgio de Chirico, Pablo Picasso, Enrico Prampolini, Ottone Rosai, Jean Fautrier, Franco Gentilini, Giuseppe Capogrossi, Alberto Burri e Piero Dorazio. E' "Pittura e poesia. Ungaretti e l'arte del vedere", una mostra che celebra la convergenza tra letteratura e arti visive, nella figura del grande poeta dell'ermetismo, aperta dal 17 maggio al 12 luglio alla galleria Tornabuoni Arte di Firenze. Per questa occasione sono presentate per la prima volta due opere inedite di Piero Dorazio, dedicate a Ungaretti. L'esposizione è curata alla saggista e critica letteraria Alexandra Zingone, profonda conoscitrice della poesia di Ungaretti e degli artisti del suo tempo. Giuseppe Ungaretti approdò a Parigi nel 1912, in un momento in cui la capitale europea era all'apice dell'effervescenza artistica e culturale. L'incontro con le avanguardie internazionali segnò profondamente il suo itinerario esistenziale, affascinato dalle sperimentazioni e dalle tendenze artistiche. Un soggiorno cruciale, che condizionò il suo sguardo sulle arti, in particolare sulla pittura, che per lui era semplicemente una diversa espressione della poesia: "chiamo poeta qualsiasi artista". Molti anni dopo, a Roma, si confrontò, invece, con artisti italiani quali Dorazio, Capogrossi e Burri. L'intensità di questi incontri, da Parigi a Roma, lo rese molto più che un semplice testimone privilegiato di un'epoca artistica senza pari: Ungaretti sviluppò la propria poetica nella continuità dei linguaggi, alimentando una profonda fascinazione per la pittura e rendendo così possibile un vero e proprio incontro tra le arti. "Pittura e Poesia. Ungaretti e l'arte del vedere" è stata presentata per la prima volta nella sede di Parigi ad aprile del 2023. A Firenze, rispetto alla prima tappa sono esposte per la prima volta due opere inedite di Piero Dorazio, "Senza titolo", del 1968, realizzata per l'ottantesimo compleanno del poeta, e "Modello e fonte per molti orizzonti" del 1969, provenienti da Casa Ungaretti, con dedica al maestro e amico, a testimonianza del sodalizio intellettuale e affettivo che li ha legati per tutta la vita, e che, tra il 1966 e il '69, dette vita al libro d'artista "La Luce. Poesie 1914-1961", con tredici litografie di Dorazio, dove letteratura e arte, poesia e pittura, dialogano perfettamente. I due dipinti di Dorazio si collocano all'interno di un percorso pittorico che dopo il superamento della struttura reticolare del periodo precedente con la fase delle "trame", cede il posto a nuove ricerche, muove verso nuove direzioni, dove il colore è il protagonista della forma e dello spazio. Come sottolinea Alexandra Zingone, "c'è l'impronta dichiarata di Ungaretti nel linguaggio visivo di Dorazio". In una Lettera del 1968 Ungaretti scrive di Dorazio: "È il pittore più puro d'oggi. Nessuno sa scomporre in infiniti modi la luce nei suoi mille colori perché ridiventi più ai nostri occhi luce, ricomponendosi; ridiventi il miracolo maggiore cioè dell’universo". In mostra, del periodo parigino, la scelta cade su opere come "Tasse et paquet de tabac" (1922) di Picasso, che Ungaretti frequentò da giovane e che definì "il disegnatore più straordinario, più inesauribile di risorse che ci sia mai stato". Ci sono lavori figurativi come "Giovane seduta" (1905) di Amedeo Modigliani, "Luce nella luce" (1928) di Giacomo Balla, "Il balcone" (1930) di Gino Severini. Di Giorgio de Chirico è esposta "Piazza d'Italia" (1955), mentre di Jean Fautrier, uno degli amici più cari del poeta, "l'ultimo dei grandi pittori europei", è presente con "Tableau à 4 côtés" (1957). Il percorso espositivo continua con alcuni dipinti di Carlo Carrà e Ottone Rosai, nei quali si coglie quella "intensità nel vedere" che distingue i caratteri dell’arte moderna e che Ungaretti non smetterà mai di perlustrare nelle investigazioni sulle arti figurative, in linea con la sua poetica. A documentare il rapporto che si instaurò con alcuni artisti, a Roma, oltre che con Dorazio, abbiamo alcuni esempi di Superficie, dalla metà degli anni '50 agli inizi dei '60 di Giuseppe Capogrossi, "il più vario, così furiosamente uguale a se stesso, il più vario pittore che vi sia al mondo", secondo il poeta. Più o meno degli stessi anni sono, anche, un "Catrame" (1950) e una "Combustione" (1960) di Alberto Burri che Ungaretti dice di amare "perché non è solo il pittore maggiore d'oggi ma è anche la principale causa d'invidia per me: è d'oggi il primo poeta". —culturawebinfo@adnkronos.com (Web Info)