(Adnkronos) – "Il prezzo della materia prima caffè oggi per noi trasformatori è aumentato del 30% circa, ma ci sono casi in cui se vogliamo acquistare una particolare qualità di caffè si sale ancora di più. Come stiamo fronteggiando questa situazione? Lo dico in maniera molto trasparente: siamo stati costretti ad aumentare il prezzo del prodotto finale E chi dice che non lo fa secondo è poco credibile". Così, con Adnkronos/Labitalia, Stefano Palombini (nella foto in basso), 'una vita' nel caffè e attualmente proprietario di Caffè Buscaglione, racconta il boom dei costi della materia prima che i trasformatori di caffè italiano stanno fronteggiando ormai da mesi.  "Io sono 'nato' nel caffè grazie a mio nonno -racconta Palombini, esponente della famiglia che ha dato vita a uno dei marchi simbolo dell'industria del caffè in Italia- poi ho avuto la grande opportunità di acquisire una delle aziende più antiche d'Italia che è la Buscaglione, che quest'anno ha 125 anni di storia, con un percorso molto estero".  E per Palombini il boom del prezzo della materia prima caffè ha diverse cause. "Il problema del caffè – spiega – nasce dal fatto che oggi è 'arbitrato' in delle Borse, Londra e New York, e la filiera è governata da grandi gruppi internazionali. Le borse erano nate con la logica di arbitrare il mercato in base al produttore e al trasformatore, che siamo noi, ma sono entrati i famosi investitori quindi i cosiddetti fondi di investimento che ovviamente con le loro attività speculano sulle materie prime, come è successo anche con il cacao. E per noi trasformatori con questa situazione il problema è duplice perché la Borsa è salita, la disponibilità del prodotto in questo momento è scarsa quindi oggi chi vende, vende a un prezzo elevatissimo", spiega ancora Palombini.  "Noi -sottolinea- acquistiamo direttamente all'origine, possiamo acquistare con i trader, possiamo acquistare direttamente tramite le cooperative. Ma il problema di fondo qual è? Chi va a comprare il prodotto fisico come noi si trova un doppio problema: il valore in Borsa alto e avendo anche una scarsità di materie prime un premio molto alto", ribadisce. "Pensi che la qualità di caffè robusta è arrivata al valore più alto da 45 anni, gli arabici idem e quindi parliamo di un 20-30% in più di aumento del costo della materia prima per noi ma potrebbe essere anche di più su alcune qualità perché il problema è che non sono reperibili. Quindi se uso delle qualità che noi andiamo a selezionare posso pagarlo anche di più del 30% rispetto al passato", sottolinea.  E come se non bastasse sull'impennata dei costi sta influendo anche la guerra in Medio Oriente e la situazione incandescente nel Canale di Suez. "Il caffè è prodotto nelle zone dei Tropici, da una parte i Paesi Asiatici e dall'altra quelli sudamericani. In mezzo l'Africa ma i Paesi africani per una serie di motivi in questo periodo stanno producendo poco. E la merce per arrivare da noi non potendo passare da Suez deve fare il giro dell'Africa, con tre settimane in più di viaggio e quindi il costo del nolo è salito", sottolinea. E le conseguenze di questa situazione, spiega Palombini, non possono che essere sul prodotto finale, con un aumento del prezzo. E fa un esempio pratico per un'attività di trasformazione come la sua. "Anche se ho un contratto di caffè arbitrato con un prezzo chiuso a tre mesi fa, che era più basso, tra tre mesi io devo andare a ricomprare il caffè e mi trovo il prezzo di oggi. E quindi io devo avere moneta, liquidità per comprare la materia prima attuale, e i margini vengono compressi", spiega. E per Palombini sul caffè c'è anche un problema 'culturale' in Italia. "Il problema del nostro Paese -sottolinea- è che noi non valorizziamo l'espresso. Discutiamo sul famoso 1,20-1,50 euro… ma se andiamo all'estero un caffè quanto lo paghiamo? Tre euro? Ecco, allora una riflessione affettuosa a tutela del mio Paese credo vada fatta: non dobbiamo discutere sull'euro e cinquanta, forse dobbiamo 'lavorare' sui due euro per la tazzina di espresso, però allo stesso tempo dare maggior valore al prodotto italiano", ribadisce. Secondo Palombini, oggi per 'salvare' l'espresso italiano "serve una parola forte che si chiama umiltà e la seconda parola ancora più forte è giocare in squadra, sentirsi veramente italiani". Per Palombini, "il problema oggi in Italia è fare un po' di cultura, che è quello che manca tanto al nostro Paese, e formare le persone, fin da piccole, ad amare le piccole cose che sappiamo fare noi italiani al meglio". E a tutela dell'espresso made in Italy, sottolinea Palombini, c'è da sottolineare che "il caffè sintetico non è un caffè, ma è appunto qualcosa di sintetico. Noi dobbiamo parlare della natura, che è una cosa bellissima, e salvaguardarla. Il cambiamento climatico può essere anche un'opportunità se la sappiamo cogliere, ma non a parole ma con fatti concreti. Per la produzione del caffè si può agire facendo si che un piccolo coltivatore possa passare da una proprietà media di 2 ettari 3 ettari ad avere una proprietà di 10 ettari e quindi avere la possibilità di essere autonomo nella sua attività. E il cambiamento climatico può essere attenuato da politiche a questo punto internazionali a supporto della filiera", conclude.   —lavoro/made-in-italywebinfo@adnkronos.com (Web Info)

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