L’inno d’Italia, chiamato anche inno di Mameli in onore del suo compositore, lo conoscono quasi tutti. Molto meno di altri Stati, in cui l’inno è una vera istituzione che tutti imparano a scuola. Ma il canto degli italiani merita una grande analisi, poichè tra le sue parole c’è tanta storia nazionale.
Molti pensano che il nostro inno sia recente. Secondo tantissimi è un inno dei tempi del ventennio fascista. Invece nasce nel 1847, nel pieno fomento patriottico alle porte della guerra d’indipendenza contro l’Austria. E si può immaginare delle parole dedicate alla vittoria, così come da quel “siam pronti alla morte, l’Italia chiamò”. Ma oltre al ritornello, tanto conosciuto soprattutto grazie al calcio, le strofe sono tante e più lunghe, e meritano una analisi da chi vuole capirlo e conoscerlo meglio.
Fratelli d’Italia / L’Italia s’è desta / Dell’elmo di Scipio / S’è cinta la testa
Il riferimento è a Publio Cornelio Scipione, detto l’Africano. Ovvero il generale romano, vincitore su Annibale nel 202 a. C. a Zama (attuale Algeria). Fu il termine della seconda guerra punica, con l’importantissima, schiacciante e imprevista vittoria di Roma. La testa con l’elmo di Scipio è quindi una metafora storica che richiama le gesta eroiche e valorose degli antichi Romani. In prossimità, come detto, di una guerra contro l’Austria.
Dov’è la Vittoria? / Le porga la chioma / Ché schiava di Roma / Iddio la creò
La dea Vittoria è da sempre rappresentata come una donna dai lunghi capelli. In quell’epoca l’usanza delle donne libere (non schiave) era proprio di portare i capelli lunghi, anche per distinguere il proprio grado sociale. La Vittoria, nell’inno d’Italia, porge la chioma perché le venga tagliata. Perchè “schiava di Roma”, collegandosi alla strofa precedente. Una metafora collegata al verso precedente: la vittoria è di Roma, la guerra quindi non può essere persa.
Stringiamoci a coorte / Siam pronti alla morte / Siam pronti alla morte / L’Italia chiamò
Ebbene si: si scrive, si legge (e si canta) coorte, con 2 “o”. La coorte deriva anch’essa da Roma ed è 1/10 di una legione: una unità di combattimento di 600 uomini. Stringiamoci a coorte è un invito al coraggio, alle armi, all’unità.
Noi siamo da secoli / Calpesti, derisi, / Perché non siam popolo, / Perché siam divisi
Raccolgaci un’unica / Bandiera, una speme: / Di fonderci insieme / Già l’ora suonò
Come detto, l’inno è del 1847: quindi di qualche anno prima rispetto all’unità d’Italia del 1861! In questo verso si trova la volontà di ciò che accadrà qualche anno dopo. Il desiderio di unione e speranza (speme) di unità e di ideali condivisi. L’Italia era a ncora divisa in 7: Regno delle due Sicilie, Stato Pontificio, Regno di Sardegna, Granducato di Toscana, Regno Lombardo-Veneto, Ducato di Parma, Ducato di Modena.
Dall’Alpi a Sicilia / Dovunque è Legnano
Qui il riferimento è alla battaglia di Legnano (1176). Qui la Lega Lombarda di Alberto da Giussano sconfisse Federico I di Svevia, il Barbarossa.
Ogn’uom di Ferruccio / Ha il core, ha la mano
Tra il 12 ottobre 1529 e il 12 agosto del 1530 la Repubblica di Firenze fu assediata dall’esercito di Carlo V d’Asburgo.Il capitano Francesco Ferrucci venne ferito a morte. Prima di morire Ferrucci rivolse al suo boia questa frase: “Tu uccidi un uomo morto”.
I bimbi d’Italia / Si chiaman Balilla
Il testo è precedente all’avvento del fascismo, per cui bisogna smontare una teoria antistorica: non fu l’inno a prendere spunto da Mussolini, ma fu il contrario. Ma quindi che era questo Balilla, simbolo di gioventù da Mameli a Mussolini? Per rispondere bisogna andare alla rivolta di Genova contro la coalizione austro-piemontese. Il 5 dicembre 1746 un giovane soprannominato “Balilla” scagliò una pietra contro un ufficiale e diede l’inizio alla rivolta di popolo che portò alla liberazione della città.
L’inno d’Italia, o inno di Mameli, è un vero e proprio pozzo di storia, coraggio e metafore.