Come siamo ormai ciclicamente abituati è arrivata l’ennesima proposta di “chiudere” il museo di Antropologia Criminale Cesare Lombroso di Torino. Ci risiamo.

La proposta questa volta viene da un senatore lucano Saverio De Bonis. Che ha chiesto al ministro della cultura Franceschini di chiudere il museo “dedicato alla superiorità del Popolo settentrionale rispetto ai meridionali”. Come ha spiegato su Facebook l’ex cinque stelle oggi al gruppo misto assieme ad altri “centristi”.

Eletto nel 2018 nelle file del movimento di Beppe Grillo, il senatore De Bonis, di professione agricoltore e sindacalista, è rimasto sino ad oggi nell’anonimato. Poi il colpo di genio: chiedere la chiusura di un museo (sic) perché “razzista”. E così salire alla ribalta della cronaca ed ottenere qualche pagina di visibilità sui media.

Il Museo Lombroso è già stato criticato in passato

Già in passato Scillipoti aveva sollevato una stucchevole polemica con il museo torinese dedicato al fondatore della criminologia moderna. Poi è stata la volta di un’altra cinque stelle, tale Orrico, che aveva risollevato la querelle circa la conservazione dei resti di Vilella. Un brigante meridionale i cui resti erano esposti nel museo e che la magistratura, dopo anni di processi, ha ritenuto dovessero rimanere a Torino nel museo.

In passato le accuse mosse al museo erano fondate sulla retorica neo-borbonica e meridionalista. Oggi De Bonis, partendo dalle “solide” fondamenta argomentative dei suoi predecessori, cogliendo anche lo spirito dei tempi che corrono, ha apertamente parlato di razzismo arrivando a equiparare Lombroso ad un nazista.

Pensate cosa si direbbe, ha spiegato il senatore lucano ex cinque stelle, se in Germania ci fosse un museo dedicato alla razza ariana.

Perchè difendere il Museo di Antropologia Criminale

Peccato, però, che il museo del Lombroso non sia dedicato allo studio della superiorità della “razza settentrionale” rispetto a quella “meridionale”. Anzi il museo offre una rilettura critica del positivismo tardo ottocentesco ed è quindi dedicato alla scienza (e pseudoscienza) degli albori. Al metodo scientifico moderno fatto di ricerca, tentativi, errori e nuovi tentativi. Un metodo di cui Lombroso fu antesignano e promotore e che condusse l’antropologo di Verona a conclusioni oggi ampiamente superate. Se oggi abbiamo un patrimonio scientifico e culturale lo dobbiamo anche a Lombroso e agli altri pionieri della ricerca del XIX secolo. Ai loro errori, alle loro tesi magari bislacche, ma che ci hanno consentito di giungere al punto in cui ci troviamo ora.

Il museo del Lombroso è praticamente unico nel mondo e custodisce nelle sue stanze una “fotografia” ed uno spaccato degli albori della scienza moderna. Veramente un peccato che, per qualche minuto di celebrità, ciclicamente qualche politico ne chieda la chiusura.

E’ davvero così difficile in Italia riuscire ad avere una “classe dirigente” con spirito critico e capacità di analisi e comprensione? E’ nella norma dover discutere della chiusura di un museo che parla delle ricerche antropologiche della seconda metà del 19° secolo?

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