Nel novarese un uomo è stato condannato a due mesi di arresto, per aver inviato troppi messaggi petulanti alla moglie. Dalla quale, fra l’altro, si stava separando. La questione è stata chiusa da una sentenza della Cassazione.
Al 49enne è stata risparmiata l’accusa di stalking dalla quale è stato scagionato. Per i giudici non fu quel genere di contatto a causare “ansia e timore” alla moglie. Resta però il reato di “disturbo alle persone“, caratterizzato dalla “petulanza” dei messaggi.
La sentenza della Cassazione arriva a seguito della lettura dalla Corte d’appello di Torino data nel 2020. Dove si affermava che “insistendo più volte sul carattere molesto del continuo invio di messaggi, ammesso dallo stesso imputato. Non rassegnatosi alla fine del matrimonio con la donna, e quindi sull’indubbia volontaria petulanza degli stessi”.
Nella sentenza, hanno ricordato che per “petulanza”, in giurisprudenza, si intende “un modo di agire pressante e indiscreto”. O “un atteggiamento di arrogante invadenza e di intromissione continua e inopportuna nella altrui sfera di libertà”.
La consorte, nel corso della causa, ha esibito la lunga strisciata degli screenshot dei messaggi. Anche se è vero che, in alcuni casi, gli rispondeva per le rime senza risparmiare gli insulti… E’ altrettanto vero che si trattava di una semplice, secondo i giudici, “reazione al comportamento del marito”.