(Adnkronos) – “Bisogna mettere fine all’occupazione israeliana e all’apartheid il prima possibile” e per farlo “è importante che l’Italia riconosca lo stato palestinese perché questo fornisce una cornice etica politica e legale che rafforza il sostegno palestinese”. È l’appello di Mona Abuamara, ambasciatrice palestinese in Italia, in una intervista con l’Adnkronos. La diplomatica si rivolge anche al Papa invitandolo ad entrare “nell’inferno della Striscia di Gaza”.
A Roma da settembre, “tre mesi che sembrano sette anni” per il suo intenso lavoro presso le istituzioni italiane e in diverse città per promuovere il sostegno al suo popolo, l’ambasciatrice ha riconosciuto che “l’Italia ha fatto moltissimo sia in ambito umanitario, sia per quanto riguarda gli sforzi diplomatici, per un futuro migliore per i palestinesi”. Ora, ha sottolineato, è importante “l’aspetto politico a cui i palestinesi tengono”. Perché “anziché curare i sintomi va curata la malattia, la causa che c’è alla radice dei mali che stanno soffrendo i palestinesi. Questa causa è far rispettare il diritto internazionale, i valori e i principi che la comunità internazionale promuove e che dovrebbero essere rispettati senza eccezione”.
“L’Italia come Paese amico di Israele deve spingerlo ad aprire i confini per far entrare gli aiuti”, ma “ci sono molti strumenti che l’Italia già approva e deve mettere in atto”, sottolinea l’ambasciatrice. Si tratta delle “sanzioni, non solo le sanzioni contro l’individuo colono terrorista illegale che ha colpito un cittadino palestinese, ma contro un sistema dove i ministri israeliani forniscono le armi ai coloni terroristi”. Quindi, serve “la volontà politica di mettere in atto strumenti che già esistino”, ha dichiarato Abuamara. Oltre alle misure contro i coloni armati, l’ambasciatrice ha citato “le sanzioni contro i prodotti provenienti dalle colonie” che sono “illegali, un furto della terra palestinese”.
Papa Leone XIV si rechi “nell’inferno della Striscia di Gaza”, dopo essere stato in Libano, sarebbe “una visita molto importante” che “darebbe speranza ai palestinesi, dimostrando che non sono stati dimenticati”, è l’esortazione di Abuamara. Allo stesso tempo “dimostrerebbe che quella di Netanyahu, secondo il quale è in atto una guerra di religione, è solo propaganda”. Perché “le comunità cristiane sono parte integrante del tessuto sociale palestinese”.
Un’eventuale visita del Pontefice a Gaza sarebbe anche importante perché “per la prima volta Israele farebbe entrare qualcuno dentro la Striscia, aprirebbe le porte dell’inferno di devastazione dove né ai giornalisti, né alle associazioni per i diritti umani è permesso entrare”, afferma l’ambasciatrice. “Alla popolazione palestinese darebbe una grande speranza, dimostrerebbe loro che il mondo non li ha dimenticati”, prosegue Abuamara, secondo la quale la visita del Papa a Gaza ‘smaschererebbe’ Netanyahu. Il primo ministro israeliano “si nasconde dietro la propaganda della guerra di religione e dietro le comunità ebraiche in tutto il mondo per fare in realtà un lavoro di acquisizione di terre che non ha nulla a che fare con la religione”, aggiunge.
Quanto al piano di pace, “non credo che Israele voglia la seconda fase” dell’accordo, afferma l’ambasciatrice palestinese, “Israele non ha mai smesso di uccidere, anzi vuole ‘finire il lavoro’, andare avanti con il genocidio. Non aspetta altro che una scusa, che succeda qualcosa in Cisgiordania, per portare avanti una accelerazione. Israele non ha a cuore la pace, non vuole la soluzione dei due Stati, non vuole uno Stato palestinese vicino a sé”, afferma.
Spetta invece alla “comunità internazionale chiedere a Israele di aprire i confini per far entrare gli aiuti, premere perché Israele esca da Gaza e proteggere il diritto dei palestinesi all’autodeterminazione”.
Quanto al ruolo del presidente Usa Donald Trump e alla sua decisione di impedire l’ingresso negli Stati Uniti a coloro che sono in possesso di un documento rilasciato dall’Autorità nazionale palestinese (Anp) Abuamara si domanda: “Come è possibile che un uomo che include nel suo piano di pace la Palestina, e che si presenta come una persona di pace, poi non voglia dare valore ai palestinesi, tanto da volerli tenere fuori dal suo Paese”?
”E’ una decisione ‘sfortunata’ che non si riesce a capire e spero che venga cancellata”, ha aggiunto l’ambasciatrice sostenendo che ”questo non fa che confermare il fatto che le decisioni prese da Trump fino a qui vanno solo nell’interesse di Israele e degli Stati Uniti e non tengono in considerazione i palestinesi”.
Quanto all’Unione europea Mona Abuamara rileva il doppio standard applicato dall’Europa rispetto alle guerre di Gaza e Ucraina. “Se si reagisce diversamente di fronte alle ingiustizie” e “se il diritto internazionale non vale per tutti”, allora “la giustizia appare parziale” e a prevalere sono “interessi e questioni di potere” mentre “le vite dei palestinesi sembrano valere di meno di quelle di altri nei confronti dei quali si adottano misure diverse”, afferma l’ambasciatrice palestinese parlando degli aiuti finanziari approvati dal Consiglio europeo per l’Ucraina, con un prestito di 90 miliardi fino al 2027, e sulla possibilità di un modello simile per aiutare i palestinesi. In questo contesto, l’ambasciatrice ricorda: “Siamo molto grati agli sforzi compiuti dall’Italia per i fondi stanziati per la ricostruzione di Gaza, ma per procedere è necessario che Israele si ritiri” dall’enclave palestinese.
Inoltre, sottolinea Abuamara, “Israele deve pagare per le violazioni del diritto internazionale commesse e per la ricostruzione” della Striscia di Gaza, perché “se a pagare è sempre il resto del mondo e a distruggere è sempre Israele senza pagarne le conseguenze, Israele sarà sempre portata ad andare avanti con le proprie atrocità e distruzione. Quindi è arrivato il momento che Israele paghi per quello che fa”.
Quanto alle accuse di antisemitismo ai gruppi pro-pal l’ambasciatrice rileva come “esiste un’evidente e pericolosa equazione tra la lotta per la liberazione del popolo palestinese e l’antisemitismo, che non può essere accettata, è un terreno scivoloso e pericoloso per tutti”, afferma Mona Abuamara. Lei, che ha lavorato sulla questione dell’antisemitismo quando era ambasciatrice in Canada anche con un’Associazione di voci ebraiche indipendenti, ha spiegato che “sembra che per difendere il benessere degli uni si possa calpestare il benessere degli altri”, ovvero “difendere il benessere dei palestinesi sembra voler dire essere antisemiti, danneggiare il benessere del popolo ebraico”. Inoltre, ha notato Abuamara, ”si toglie la vera esigenza che è quella di proteggere dall’odio razziale o religioso, che è un valore che viene calpestato dall’esigenza di Israele di proteggere se stessi e le loro politiche”.
In questo modo, aggiunge, “si vuole far perdurare la situazione attuale di occupazione e apartheid criminalizzando il diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese”. La speranza dell’ambasciatrice è che ”si studi meglio la questione perché queste definizioni sono pericolose, scoraggiano dal portare avanti alcune iniziative, dallo scrivere articoli, fare ricerca, anche perché, anche se non ci sono azioni legali, comunque c’è la minaccia” che porta a una “censura preventiva”.
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