Il 12 luglio scorso i gruppi più radicali della composita galassia del mondo LGBT, seguendo il pessimo esempio degli iconoclasti presuntamente antirazzisti dei Black Lives Matter, hanno “sanzionato” con un foulard rosa, la statua di Piazza Palazzo di Città dedicata ad Amedeo VI di Savoia detto il “Conte Verde”.

Mi ha fatto francamente un po’ impressione vedere persone vestite in maniera alquanto discutibile salire impunemente sul monumento che Torino ha dedicato al grande cavaliere e legislatore sabaudo, “accusato”, dai talebani nostrani, di rappresentare istanze razziste e omofobe.

Il Conte Verde è ritratto mentre lotta contro un “moro” (un musulmano) durante le campagne in oriente contro bulgari e turchi a difesa di ciò che rimaneva del Romano Impero d’Oriente. Mi verrebbe da evidenziare, incidentalmente, che la spada del Conte Verde oggi difenderebbe proprio il mondo LGBT (che comunque non va confuso con gli organizzatori della c.d. “Rivolta Frocia”) dal radicalismo islamico che certo poco gradisce l’omosessualità in tutte le sue declinazioni. Dubito però che gli organizzatori della manifestazione si siano mai messi seriamente a riflettere cosa accadrebbe veramente a loro qualora un domani ci trovassimo veramente a vivere in un’Italia multirazziale con una nutrita presenza di musulmani.

Il comunicato degli organizzatori della Rivolta Frocia sembra scritto in marziano. Gli estremisti iconoclasti hanno voluto colpire, con la loro “ardita” azione condotta con piglio carnevalesco, il “patriarcato, l’etero-cis-sessualità obbligatoria, il capitalismo, il (neo)colonialismo, il fascismo, il machismo, l’abilismo, lo specismo, l’ageismo, la sessuofobia, la religione”. Il delirio è servito.

Questi apolidi della storia e dell’identità, dietro l’alibi di istanze anti-discriminatorie, mirano in realtà a distruggere ogni profonda identità comunitaria e storica. Sono idioti che pensano di poter giudicare il passato, il nostro percorso millenario di cambiamenti, evoluzioni tecnologiche, progressi e regressi politici etc., dall’alto delle loro dogmatiche e granitiche convinzioni, fondate essenzialmente sul nulla. Sono persone che hanno scambiato il loro ombelico per il centro del mondo e pretendono di modificare la nostra storia e la nostra cultura a colpi di vernice rosa e vandalismo diffuso.

Si badi bene che qui in gioco non vi sono i diritti, sacrosanti, degli omosessuali, dei transgender, etc. di vivere la loro sessualità come meglio credono. Qui in gioco c’è la nostra esistenza e la nostra specificità come nazione e come comunità.

Sono sempre stato intimamente convinto che questi gruppi radicali debbano sempre sentirsi come dei “pesci fuor d’acqua” a camminare per le nostre città. Non vi è angolo dei nostri luoghi che non parli di lotta, sacrificio, guerra, coraggio. Non vi è monumento che non ci ricordi le grandi gesta del passato, i caduti nelle guerre, i miracoli (veri e presunti) che alimentano o hanno alimentato la fede religiosa etc. Il senso di disagio per questi estremisti deve essere costante e frustrante.

Questi radicali del pensiero egualitarista e massimalista sono stranieri a casa propria, per questo vogliono fare tabula rasa dei nostri simboli e dei nostri luoghi di ricordo e memoria.

Ricordiamoci sempre che per quanto siano numerosi e colorati, questi estremisti sono e rimangono corpi estranei rispetto la nostra comunità e che loro sono certamente liberi di manifestare il loro pensiero, ma non devono pensare di poter agire con azioni a discapito dei nostri monumenti, della nostra identità e della nostra storia.

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