Rimane senza colpevoli il caso del omicidio della piccola Matilda Borin. Ammazzata a soli ventidue mesi, a Roasio, nel Vercellese. Da un unico calcio che le sezionò un rene e il fegato in due porzioni, che le spinse la settima costola nella pleura e che le lesionò l’altro rene. Chi le sferrò quel colpo mortale resta ignoto. Era il luglio del 2005. Fu un “gesto di stizza”, perché almeno su questo sono tutti concordi: chi colpì la piccola non lo fece per uccidere.
Omicidio Matilda senza colpevole
Venerdì 5 febbraio, infatti, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro l’assoluzione di Antonio Cangialosi, presentato dai legali della madre della vittima Elena Romani. Lei stessa fu assolta in via definitiva dopo che, nel 2018, la Corte d’Appello aveva assolto lo stesso Cangialosi, compagno di allora della donna. Nella casa di Roasio, il 2 luglio di sedici anni fa, con la piccola c’erano soltanto lui e la mamma di Matilda. Ma la Suprema Corte ha ritenuto che nessuno dei due abbia colpito e ucciso la piccola.
“Da parte nostra c’è soddisfazione, perché la Romani è stata assolta nei tre gradi con formula piena. Ma c’è anche grande amarezza perché non si è riusciti a dare giustizia alla piccola”, commentano i legali della madre, Roberto Scheda e Tiberio Massironi, che parlano di “giustizia negata” per la piccola Matilda. “Ora toccherà alla scienza – concludono – spiegare le ferite a fegato, reni e a una costola della bimba”.
Omicidio Matilda, la morte 16 anni fa
La piccola Matilda morì il 2 luglio 2005, in circostanze poco chiare. L’autopsia rivelò che la bimba era morta a causa di lesioni (al fegato a un rene e ad una costola). Compatibili con il tentativo di un adulto di bloccare i movimenti della bambina, attraverso una forte pressione esercitata sulla schiena, con una mano o con un piede. Elena Romani aveva raccontato di aver preso la bambina dal letto, perché aveva vomitato. E di averla data in braccio al fidanzato Antonio Cangialosi, per andare a stendere sul balcone le federe sporche di vomito. Al suo rientro la bambina era esanime. Sia Elena Romani sia Antonio Cangialosi sono finiti a più riprese nel mirino degli inquirenti. Ma a distanza di 13 anni ancora non esiste una verità su come morì la piccola Matilda.