L’Italia non sarà il centro di produzione di compressori per l’Europa. Quattrocento operai perderanno il proprio posto di lavoro e ci saranno ripercussioni su tutto l’indotto. Con danni per ora ancora difficili da calcolare.

Sinistra, Cinque Stelle, Cgil, Draghi, Di Maio, Orlando, Calenda… negli ultimi cinque anni hanno fatto tante promesse. Tanta cassa integrazione (almeno quella), ma mai presentato nessuna vera soluzione.

L’unica strada per salvare l’Embraco

In assenza di investitori privati con un serio piano industriale e produttivo, l’unica strada per evitare di perdere l’ennesimo pezzo del nostro comparto produttivo (nonostante tutto, grazie al sacrificio degli operai ed imprenditori italiani rimaniamo la seconda manifattura d’Europa) era e rimane l’intervento pubblico. Ostacolato dalle regole dell’Unione Europea.

La classe dirigente politica e sindacale italiana, in particolare quella più acriticamente filo europeista, non è in grado di forzare la mano e sfidare Bruxelles. Si è dimostrata disposta a sacrificare, in nome di regole astratte e non sempre condivisibili del “libero mercato”, la nostra produzione industriale. Nonchè i lavoratori italiani e le loro famiglie.

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