Non ci rivolgiamo agli indignati da divano, ai legalitari a convenienza e, più in generale, ai pavidi. C’è un linguaggio che queste tre categorie di persone non potranno capire e non vorranno mai accettare: il linguaggio del “coraggio”.

Ci sono momenti nella storia in cui è richiesto di alzare un po’ la voce, di rappresentare un popolo contro un sopruso, di azioni forti per far capire che qualcosa non va bene. Questo è ciò che hanno fatto le mascherine tricolori oggi a Roma (in tutta Italia, in realtà, ma a Roma abbiamo visto lo Stato arrabbiarsi, più che in altre occasioni): hanno rispettato le norme sanitarie, il buonsenso, la distanza di sicurezza e tutto ciò che può essere utile per non rischiare alcuna diffusione pandemica, ma hanno anche detto chiaramente che deve continuare ad esistere la possibilità di esprimersi al di fuori dei social network e dei balconi.

Questo coraggio fa paura – da sempre – a chi governa. A destra come a sinistra. Perchè sanno benissimo che è la scintilla dell’accendino che accende un fuoco e, come i peggiori governanti-tiranni, lo Stato ha voluto fermare e sedare questa scintilla. Ha chiuso un centinaio di mascherine tricolori in una via vicino a palzzo Chigi e li ha “liberati” solo quando hanno potuto avere i documenti di gran parte dei partecipanti. Creando l’assembramento che lo Stato stesso vieta, ironia della sorte.

Nessun vittimismo

Chi era in piazza probabilmente se la poteva aspettare una prova di forza da parte delle forze di polizia, ma la fortuna è che si è creata una solidarietà spontanea in rete. La domanda che deve rimbombare ovunque non è la matrice politica di questa iniziativa o quanto sia giusta o sbagliata, la domanda – reale – da farsi è come mai la Costituzione sancisca la libertà di manifestazione del proprio pensiero e questo stesso sacro diritto costituzionale non debba valere oggi, rispettando le restrizioni sanitarie ovviamente. Perchè la manifestazione non deve essere una “giusta causa” per uno spostamento a due metri di distanza con mascherina? E ancora, perchè posso cantare “bella ciao” il 25 Aprile in gruppo durante la fase 1, e non l’inno d’Italia in fase 2?

L’incoerenza e la rabbia sono racchiuse in queste due domande, a cui, prima o poi, Giuseppe Conte dovrà rispondere.

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