Svolta nel caso del suicidio di Orlando Merenda, il ragazzo di 18 anni che si è tolto la vita a Torino il 20 Giugno scorso, gettandosi sotto un treno. Le cause del gesto estremo non sarebbero ne l’omofobia né tantomeno il bullismo. E così quella frase su Instagram del giovane “il problema delle menti chiuse è che hanno la bocca aperta”, non rappresenta – come sostenuto da molti – la motivazione del gesto.

Le indagini degli inquirenti, come riporta il quotidiano La Stampa, stanno portando a ben altre verità. Il giovane sarebbe finito, quando ancora era minorenne, in un giro di prostituzione. Sarà il pubblico ministero a far luce sulla questione del suo coinvolgimento, cercando di accertare se era stato obbligato o ingannato.

Il suicidio di Orlando Merenda

Secondo gli inquirenti comunque “in questo squallido contesto potrebbe esserci stato un ricatto nei confronti del giovane, spingendolo a suicidarsi”. Secondo quanto emerso, la vittima non viveva la sua omosessualità in maniera negativa. Rivendicando, soprattutto negli ultimi tempi, con orgoglio le sue scelte personali. Così emergeva anche dai social: da qui lo spaccato di un ragazzo sicuro di sé e felice della propria vita. Ciò ha contribuito a far prendere agli inquirenti una diversa direzione nelle indagini. E così da alcune chat e da alcune testimonianze di amici, sarebbe emersa la storia della prostituzione e del ricatto.

Anche il padre del 18enne suicida, in una intervista al quotidiano torinese, avrebbe indirizzato gli inquirenti su questa strada. Qui l’uomo aveva rivelato della sensazione di paura di Orlando, che temeva due persone in particolare che lo stavano pressando e minacciando. Ma nonostante lo sfogo col padre il giovane, forse sempre per timore, non aveva aggiunto altri particolari.

Il ragazzo sembrava aver dimenticato quelle parole, tanto da cominciare a pensare alle vacanze estive in Calabria. Ora però gli investigatori entrano nel vivo della vicenda. Il reato contestato potrebbe essere quello di istigazione al suicidio.

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