“Stiamo completando la sanificazione del negozio e dei laboratori, stiamo riorganizzando gli spazi interni e risistemando il dehor. Sono stati tre mesi drammatici e abbiamo tanti timori, ma ce la stiamo mettendo tutta per ripartire”. Nicola Lupo, 48 anni, gestisce con la sorella Milena e la mamma Antonietta la Pasticceria Lupo, nel quartiere Barriera di Milano, alla periferia nord di Torino. E’ un bar storico, aperto nel 1983 dal padre Nazareno, arrivato nel 1961 dalla Sicilia con la moglie.

“E’ stato davvero duro stare fermi per un periodo così lungo con dieci dipendenti, che ancora non hanno avuto i soldi della cassa integrazione, fornitori da pagare, bollette. Da lunedì ripartiamo con il take away, ci servirà per scaldare i motori in attesa di conoscere la data per riaprire. Siamo pronti”, dice Nicola che, dopo 27 anni in laboratorio, ha assunto le redini della pasticceria nel 2007 quando è morto il padre. “Abbiamo pagato un prezzo alto, abbiamo perso un dipendente a causa del Coronavirus, ma eravamo già chiusi da un mese. Ho organizzato una raccolta fondi per aiutare la famiglia”, racconta Nicola che per ora richiamerà al lavoro metà dei dipendenti.
La macchina per ripartire è in moto. “Abbiamo acquistato il plexiglass da mettere davanti al bancone del bar e a quello della pasticceria. Daremo mascherine e caschetti ai dipendenti, useremo tazze tazzine e cucchiaini monouso, aspettiamo le indicazioni precise perché le regole cambiano in continuazione.

La nostra speranza è che la gente possa uscire e stia bene, ma anche che siano tutti responsabili.Speriamo anche di riuscire a pagare i fornitori, che le banche ci diano una mano. Non vedo l’ora di riaprire la pasticceria, non dormo la notte” confessa Lupo. E resta una grande paura: “una cosa è certa – spiega – se dopo due o tre settimane dovessimo richiudere, potrebbero esserci seri rischi di non riaprire più”. (ANSA)

Rispondi