Il fatto che io non sia un uomo, bensì un destino, non è una sensazione che si possa comunicare”.
Vi siete soffermati passeggiando per via Carlo Alberto a guardare la targa che si trova all’incrocio con via Cesare Battisti? La lapide recita: “In questa casa Federico Nietzsche conobbe la pienezza dello spirito che tenta l’ignoto, la volontà di dominio che suscita l’eroe”, la targa fu apposta nel 1944 in occasione del centesimo anniversario della nascita del filosofo tedesco, “qui ad attestare l’alto destino e il genio, scrisse Ecce homo, il libro della sua vita”. Il soggiorno torinese del filosofo durò solo alcuni mesi, da settembre 1888 a gennaio 1889, ma fu sufficiente per scrivere alcune opere, tra cui spicca quella che da molti è considerata la sua opera più alta, appunto Ecce Homo.

All’epoca abitava in via Carlo Alberto numero 6, sotto i portici in un piccolo appartamento al quarto piano che costava 30 lire al mese. Nonostante ci abbia vissuto per poco meno di sei mesi, egli rimase profondamente colpito dal capoluogo sabaudo, ne è la prova la corrispondenza che ha tenuto con amici e familiari: lettere in cui non manca di usare parole d’elogio per la nostra città, sottolineando i benefici che l’ambiente torinese recava alla sua salute e al suo lavoro.

Lettera alla madre Franziska Nietzsche – 28 settembre 1888:
Mia cara mamma, solo una cartolina per informarti di come va alla Tua vecchia creatura a Torino, dove è arrivata il 21 settembre. Per quanto il tempo anche qui sia incerto, la vita che trascorro ha su di me un effetto straordinariamente benefico – non ho ancora perso un solo giorno di lavoro e mi trovo incomparabilmente meglio che in Engadina. Torino è anche l’unico luogo in cui l’alimentazione corrisponda pienamente alle mie personalissime esigenze. Una scoperta davvero fortunata per me, questa Torino! – Trovandomi qui per la seconda volta, godo di un considerevole aumento di premura e di disponibilità… è la prima volta da anni che in viaggio non mi ammalo.
Immerso nel lavoro.
Un abbraccio

Lettera a Heinrich Koselitz – 14 ottobre 1888
Su Torino non c’è niente da ridire: è una città magnifica e singolarmente benefica. Il problema di trovare una quiete da eremita in strade straordinariamente belle e larghe, all’interno dei migliori alloggi che una città possa offrire, vicini, anzi vicinissimi al suo centro – questo problema apparentemente insolubile per le grandi città qui è risolto. Il silenzio qui è ancora la regola; l’animazione, la «grande città», è in certo qual modo l’eccezione. E tutto ciò con quasi 300.000 abitanti.
Il tempo è da qualche giorno di una purezza e di una luminosità che ricordano Nizza, solo un po’ troppo fresco per me, che dopo la prigionia in Engadina ho addirittura paura del prossimo inverno.

Lettera alla madre Franziska Nietsche – 26 ottobre 1888
Spero che anche da Te adesso ci sia un autunno così magnifico e pieno di sole: io, per lo meno, non ho mai visto da nessuna parte un tempo più bello

In ogni lettera che scrive è un nuovo susseguirsi di elogi, a seconda dell’occasione focalizzati sulla cucina, sulla bellezza della città, sulla vita mondana e anche sui cittadini che la abitano e gli stranieri. Persino l’autunno o il grigio del cielo non fanno che rendere Torino ancora più gradevole agli occhi dello scrittore, che arriva a definire la nostra Mole Antonelliana come “l’edificio più geniale che forse sia mai stato costruito”. Ma il suo soggiorno, com’è risaputo, culminò nella follia. Il 3 gennaio del 1889, nel centro di Torino, Nietzsche, uscendo di casa, vide un cocchiere frustare a prendere a calci il suo cavallo. “Tu, disumano massacratore di questo destriero!”, inveì il filosofo furibondo, abbracciando e baciando sconvolto il cavallo. Qualche giorno dopo fu portato via dalla città da Overbeck suo caro amico, per essere curato a Basilea. La natura della sua “follia” rimane ancora parzialmente un mistero.

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