Una città che torna a infiammarsi attorno alle tensioni sociali e internazionali. La procura di Torino ha acceso i riflettori su cinque manifestazioni che si sono svolte tra il 2023 e il 2024, due delle quali legate ai comitati Pro Palestina. Gli indagati sono 47, e per sette di loro la richiesta è tra carcere e domiciliari. Le indagini, basate su un dettagliato dossier della Digos, stanno facendo discutere politica e opinione pubblica.

Cosa ha fatto scattare l’inchiesta

L’indagine è partita da un dossier di circa 250 pagine redatto dalla Digos. Nel mirino della procura sono finiti diversi episodi di tensione urbana:

  • Scontri al Campus Einaudi, durante un’iniziativa del Fuan
  • Disordini nel centro città, in concomitanza con l’arrivo della premier Giorgia Meloni al Festival delle Regioni
  • Una manifestazione Pro Palestina davanti alla sede Rai

A preoccupare gli inquirenti non sono solo le violenze in sé, ma anche il profilo organizzativo e ideologico dei partecipanti, ritenuti parte di ambienti antagonisti, gruppi studenteschi e dei centri sociali.

Le richieste della Procura

Il pubblico ministero ha avanzato quattro richieste di custodia cautelare in carcere e tre agli arresti domiciliari. A questi si aggiungono dieci misure restrittive, tra obblighi di firma e divieti di dimora. Gli interrogatori preventivi sono cominciati ieri e proseguiranno nei prossimi giorni.

Queste decisioni arrivano a poghi giorni del Festival Alta Velocità in Valle di Susa, organizzato dal movimento No Tav, storicamente al centro delle mobilitazioni contro le grandi opere. E che anche quest’anno una parte dei partecipanti ha fatto degenerare in caos.

La difesa: “Provvedimenti sproporzionati”

Le difese degli indagati contestano la linea della procura. “Perché arrivare agli arresti mesi dopo i fatti?”, è la domanda ricorrente. I legali parlano di assenza di reali esigenze cautelari e mettono in discussione la ricostruzione dei fatti fornita dagli inquirenti, sostenendo che non sempre le tensioni siano partite dai manifestanti.

Un’indagine che apre un fronte politico

La vicenda ha sollevato reazioni politiche trasversali. Il ministro della Giustizia Nordio ha parlato di “rischio terrorismo”, mentre il sindaco di Torino Lo Russo ha condannato ogni forma di violenza. Tajani, invece, ha definito i manifestanti come “violenti e viziati”.

Queste parole alimentano un dibattito sempre più acceso sul confine tra diritto alla protesta e sicurezza pubblica, in una città che continua a interrogarsi sul proprio ruolo nel panorama politico e sociale nazionale.

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