In ambito finanziario ultimamente si sta parlando molto di ESG (Environmental, Social, Governance), che rappresentano un insieme di criteri utilizzati per valutare l’impatto ambientale, sociale e di governance di un’azienda o di un’organizzazione. Questi criteri sono diventati fondamentali nel mondo degli investimenti e della finanza sostenibile, poiché permettono di misurare non solo la performance di un’azienda, ma anche il suo contributo alla sostenibilità e alla responsabilità sociale.
Tuttavia sul vero significato del termine ESG ci sono ancora molti dubbi da chiarire, infatti gli investitori in fondi sostenibili e addirittura i consulenti finanziari che li propongono non sempre sanno distinguere ciò che è effettivamente sostenibile da ciò che non lo è. Neanche il regolamento SFDR sulla trasparenza sulla finanza sostenibile è riuscito ad eliminare il problema del greenwashing, una pratica ingannevole con la quale un’azienda si presenta come ecologica o sostenibile, ma senza esserlo realmente.
Per fare maggiore chiarezza sono state introdotte nel maggio del 2024 delle nuove linee guida in un documento dell’ESMA (European Securities and Markets Authorities) per i fondi disponibili alla vendita nell’Unione Europea che usano termini ESG specifici nei loro nomi.
Per essere definiti sostenibili, almeno l’80% degli investimenti devono soddisfare determinate caratteristiche ambientali o sociali, oppure obiettivi di investimenti sostenibili. Inoltre devono essere esclusi investimenti in società che ottengono un certo quantitativo di ricavi dai combustibili fossili. E ancora i fondi che utilizzano nella loro denominazione il termine sostenibile devono investire in modo importante in investimenti sostenibili, così come i fondi che usano parole legate alla transizione o all’impatto devono rispondere a precisi requisiti qualitativi.
Fare chiarezza su questo argomento è fondamentale perché stanno aumentando gli investitori, anche in Italia, che decidono di puntare sugli investimenti ESG. Lo dimostra un report della Consob, secondo il quale la quota di investitori pronti a investire in strumenti sostenibili è passata dal 60% del 2019 al 74% del 2021. E la percentuale è destinata a crescere, a patto che venga fatta ulteriore chiarezza su strumenti come gli investimenti ESG.
Ma chi è l’investitore tipo italiano che punta su strumenti finanziari con caratteristiche di sostenibilità? Secondo lo studio l’identikit corrisponde ad un investitore giovane e laureato, che ha una visione piuttosto ottimistica dei suoi investimenti sul lungo periodo e che è propenso a creare portafogli diversificati.
Da un lato questi dati dimostrano la prudenza finanziaria degli investitori italiani, d’altro lato la preferenza a mantenere i risparmi in liquidità e prediligere il deposito su un conto corrente.
Dal report è emerso un altro dato importante e significativo: chi ha un prodotto finanziario sostenibile fa molto più affidamento ad un consulente professionale, rispetto a chi invece non ce l’ha. Per la precisione il 52% di chi ha un prodotto finanziario richiede i servizi di un professionista, contro il 26% di chi non investe in fondi sostenibili.