L’arena è quella virtuale dei social media, ma la sfida che si sta consumando ha un peso molto reale, misurato in euro e in codice penale. A Torino, il caso di Said Ali, noto sul web come “Don Ali” o il sedicente “Re dei Maranza”, è arrivato a una svolta clamorosa. La gogna digitale che Ali aveva orchestrato contro un ignaro maestro di scuola, accusandolo ingiustamente in un video diffamatorio, si è trasformata in un salatissimo conto da pagare.
I legali che rappresentano la vittima sono infatti “saliti sul ring” per la prima volta, notificando una diffida che chiede un risarcimento che sfiora cifre record: 150mila euro, a cui si aggiunge una penale quotidiana destinata a lievitare ogni giorno. La posta in gioco non è solo la reputazione di un uomo incensurato, ma il confine sempre più labile tra la libertà di espressione online e la responsabilità civile e penale.
La Diffida Stragiudiziale: Cifre e Accuse
L’atto formale, recapitato dagli avvocati Davide Salvo e Davide Noviello, è estremamente chiaro: l’influencer deve rimuovere il contenuto diffamatorio immediatamente e adottare ogni misura possibile per bloccarne l’ulteriore diffusione. Il fulcro della questione è l’accusa infondata e grave rivolta al maestro, che è stata smentita categoricamente dalla scuola e dalle persone che lo conoscono, in quanto l’uomo non ha mai avuto pendenze legali.
La Diffamazione e i Danni: Perché 150.000 Euro?
La richiesta economica avanzata dai legali è stata meticolosamente articolata in due voci principali per i danni subiti dalla famiglia:
- 50.000 euro: destinati al maestro, come indennizzo per il grave danno alla sua reputazione, all’onore professionale e all’immagine pubblica, compromessa da un’accusa così infamante.
- 100.000 euro: riservati alla figlia di tre anni dell’uomo, la cui immagine è stata ripresa e inquadrata nel video senza alcun oscuramento del volto. Un danno alla privacy e alla serenità di una minore che ha fatto inevitabilmente lievitare l’ammontare del risarcimento.
A queste somme già ingenti si aggiunge una clausola pensata per incalzare l’autore: una penale di 1.500 euro per ogni giorno di ritardo nella rimozione del video. Un meccanismo che trasforma l’inerzia in una sanzione quotidiana, dimostrando come la giustizia si stia armando contro la persistenza dei contenuti tossici sul web.
Torino e il Fenomeno del Cyber-Bullismo
Il caso di Don Ali, Said Ali all’anagrafe, classe 2001, non è un episodio isolato, ma si inserisce in un fenomeno più ampio, quello dei content creator che cercano visibilità attraverso la provocazione e la sfida costante alle regole. Il giovane, che si autodefinisce il “Re dei Maranza”, è da tempo attenzionato dalla Procura di Torino, che ha aperto un fascicolo sul suo conto.
Non è la prima volta che la città di Torino è al centro di dinamiche che mescolano spettacolo e diritto. Nel XIX secolo, i processi per diffamazione pubblica, pur avvenendo su carta stampata, suscitavano un clamore popolare paragonabile a quello che vediamo oggi sui social. La differenza cruciale è che, mentre un tempo il processo di censura o sanzione era lento e macchinoso, oggi la “diffida” – una sorta di ultimatum legale – deve agire con la rapidità richiesta dalla diffusione virale di un video online.
Tra Provocazioni Social e Guai con la Giustizia
Nonostante le indagini e precedenti misure cautelari (come un obbligo di firma che lo avrebbe dovuto trattenere in Italia, ma che non gli ha impedito di postare video dalla Thailandia), Said Ali ha continuato la sua attività provocatoria. Dalla notte di Halloween, dove si è ripreso nei Murazzi di Torino brandendo un coltello vero, fino al recente tentativo di organizzare un “torneo di boxe” non autorizzato (e smentito dalla Federazione Pugilistica Italiana), l’escalation sembra inarrestabile.
L’ultima mossa del “Re dei Maranza” è stata persino quella di deridere, tramite le sue storie, l’inviato del programma televisivo Le Iene che stava cercando di intervistarlo. Un atteggiamento di costante sfida non solo alle forze dell’ordine e alla magistratura, ma anche ai media tradizionali, che potrebbe costargli molto caro se la diffida dovesse trasformarsi in un provvedimento esecutivo.






































