Nel cuore dell’Europa, in pieno secondo conflitto mondiale, si consumarono eccidi nei confronti di italiani, sia civili che militari. Autoctoni della Venezia Giulia, della Dalmazia, dell’Istria.
Tali massacri, noti come “tragedia delle Foibe”, sono stati compiuti dai partigiani comunisti jugoslavi, capitanati dal generale Tito, tra il 1943 ed il 1947. Secondo alcuni storici le vittime furono tra le 3 mila e le 5 mila, ma secondo altri furono ben 11 mila. Tutto ciò provocò l’esodo giuliano-dalmata verso l’Italia.
Come si arriva al genocidio delle foibe
L’8 settembre 1943 crolla il Regio Esercito a seguito dell’Armistizio fra Italia e Alleati. Le truppe tedesche controllarono il territorio di Pola, Trieste e Fiume. Mentre la Venezia-Giulia rimase sguarnita di controllo, ed è proprio su questo territorio che i partigiani di Tito iniziarono ad imporre la loro egemonia incidendo il terrore con le persecuzioni degli italiani. Inizialmente le motivazioni erano legate alla caccia ai fascisti, ma poi tutti gli italiani autoctoni del territorio giuliano-dalmata divennero le vittime, a prescindere dall’orientamento politico.
Obiettivo dei partigiani comunisti fu quello di liberare quei territori annessi all’Italia nel primo dopoguerra e nel 1941, dopo l’attacco dell’Asse in Jugoslavia e dopo il trattato di Roma, che sancì l’annessione di parte dei territori della Dalmazia, delle Bocche di Cattaro, della Jugoslavia e della Croazia (Provincia di Fiume). Nel 1944, quando i tedeschi si ritirarono dalla Dalmazia, Zara fu occupata dagli jugoslavi.
Abbiamo intervistato sul tema l’avvocato Luigi Vatta, figlio di Sergio Vatta (esule di Zara). Da anni in prima linea per difendere la memoria storica della tragedia delle foibe e dell’esodo.
“Il tema delle Foibe non può essere ricordato soltanto il 10 febbraio, ma deve essere ricordato sempre. Bisogna parlare anche nelle scuole di ciò che hanno dovuto subire gli italiani, sia le vittime, sia gli esuli. Questi ultimi hanno impiegato troppo tempo per ricostruire una vita economica e sociale altrove”.
L’Avvocato Luigi Vatta ci racconta la storia del papà Sergio
“Mio papà scappò da Zara con i suoi fratelli, il papà e la mamma. L’esodo di mio papà iniziò il 30 ottobre 1944. La città di Zara fu teatro di bombardamenti che causarono circa 12 mila vittime su 28 mila abitanti. Mio padre con la sua famiglia si trasferirono a Fiume, perché fu li fu annunciato l’arrivo a Zara delle truppe titine. Furono imbarcati su una torpediniera tedesca per arrivare a Fiume.
Anche qui i bombardamenti costrinsero la mia famiglia a lasciare tutto per la volta di Trieste, ma senza il papà, che decise di rimanere a Fiume. Il 30 aprile 1945 arrivarono a Trieste senza mio nonno, e qui rimasero rifugiati nella scuola Candler fino alla liberazione da parte delle truppe neozelandesi. Avvenuta 3 giorni dopo essersi nascosti e senza viveri. Da Trieste la famiglia si trasferì a Mantova, a Padova e poi Torino. Qui, dopo 12 anni, gli furono assegnate le case in zona Lucento, dove vive una buona parte degli esuli.
Torino era l’obiettivo da raggiungere, anche perché gli operai specializzati del silurificio di Cantrida erano molto richiesti dalla FIAT. Ci volle parecchio tempo per tornare ad una vita normale, ad un inserimento in un contesto sociale del tutto nuovo”.
Sergio Vatta divenne calciatore ed allenatore fra gli anni ’60 e ’70 di squadre di calcio di Serie B e serie C, fra cui la giovanile del Torino, e nel 2001 fu chiamato a dirigere la giovanile della Lazio.
“Il dramma delle foibe va raccontato a scuola”
L’Avvocato Luigi Vatta ha partecipato il 10 febbraio 2022 alla fiaccolata a Torino organizzata dal Comitato 10 Febbraio per ricordare le vittime delle Foibe. E partecipa alle conferenze organizzate in cui viene richiesta l’esperienza di suo Padre.
“Le vere vittime di guerra sono i civili, non esistono due pesi e due misure. Come è giusto ricordare le vittime del genocidio ebreo o le marocchinate, è anche rispettoso dedicare il giusto rispetto e ricordo agli italiani che furono gettati nelle foibe. Perché avevano la sola colpa di essere italiani. Le vittime delle Foibe subirono delle torture importanti e alcuni furono gettati ancora vivi”. Continua Vatta, affermando “mi auspico di poter parlare della tragedia delle Foibe riportando la mia esperienza anche nelle scuole. Perché e dai ragazzi che deve partire la conoscenza, l’educazione al rispetto, l’informazione”.