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Cortocircuito Ue sui sacchetti di plastica. La Corte di Giustizia dell'Unione Europea, cui si era rivolto il Tar del Lazio per avere chiarimenti nell'ambito di una causa intentata da un produttore di sacchetti di plastica che contestava il divieto, imposto dall'Italia, di commercializzare sacchetti di plastica per la spesa, a meno che non rispettino determinate caratteristiche tecniche, ha stabilito che il divieto deciso da Roma è contrario al diritto Ue. Mentre la Commissione Europea spinge il Green Deal, i giudici di Lussemburgo applicano le normative vigenti, che in qualche caso, come questo, sono assai meno avanzate di quelle italiane (in molti Paesi d'Europa i sacchetti di plastica, che da noi sono un lontano ricordo, si usano ancora). Pertanto, la Papier Mettler, che produce sacchetti di plastica, ha avuto ragione, a chiedere al Tar del Lazio di annullare il decreto del 2013 con cui il Ministero dell'Ambiente vietava la fabbricazione e la commercializzazione di borse di plastica destinate al ritiro delle merci. Per i giudici, il diritto Ue si oppone ad una normativa nazionale che vieti la commercializzazione di sacchi monouso, fabbricati con materiali non biodegradabili e non compostabili, che rispettino le altre prescrizioni della direttiva. Una simile regolamentazione nazionale può sì essere giustificata dall'obiettivo di garantire un livello maggiore di protezione dell'ambiente, ma solo "a condizione che sia basata su prove scientifiche emerse successivamente" all'adozione di una norma Ue, e a condizione che lo Stato "comunichi alla Commissione le misure prese e i motivi della loro adozione". —economiawebinfo@adnkronos.com (Web Info)