È ormai ufficiale: Iveco passa in mani indiane. Tata Motors ha acquistato il gruppo torinese per 3,8 miliardi di euro, chiudendo così un altro capitolo della lunga ritirata italiana dall’industria pesante. L’accordo è stato firmato con Exor, la holding della famiglia Agnelli, la stessa che già aveva lasciato andare Fiat, Magneti Marelli e CNH. A restare in Italia, per ora, è solo la parte legata alla difesa e protezione civile, ceduta a Leonardo.
L’accordo con Tata e cosa resta all’Italia
La vendita comprende l’intero Iveco Group, con i suoi 14.000 lavoratori italiani su un totale di 36.000, gli stabilimenti, la tecnologia per motori e mezzi pesanti, autobus e soluzioni per la mobilità futura. La parte militare – quella che produce blindati, camion tattici e veicoli speciali – è stata invece venduta a Leonardo per 1,7 miliardi. Una scelta dettata dalla necessità di salvaguardare asset strategici nazionali.
Iveco Defence Vehicles era già considerata una delle divisioni più innovative in Europa per la produzione di mezzi blindati da trasporto truppe. Negli anni, ha fornito mezzi a diverse missioni ONU e NATO.
Il futuro? Decisioni dall’India, sede a Torino “per ora”
Tata lancerà un’Opa totale nel primo trimestre 2026, portando Iveco fuori da Piazza Affari, dove era entrata appena nel 2022. La sede resterà a Torino “per almeno due anni”, ma le rassicurazioni finiscono qui. Nessuna chiusura, nessun licenziamento, dicono. Ma solo fino al 2027. Dopo, ogni piano di ristrutturazione sarà possibile.
Fiom-Cgil e altri sindacati esprimono forti timori: il rischio è che l’Italia diventi un centro produttivo ma non più strategico, privo di voce nelle scelte di lungo termine.
Tata Motors: un gigante che cerca casa in Europa
Con l’operazione, Tata si garantisce un hub produttivo europeo pronto all’uso, senza doverlo costruire da zero. Un affare perfetto. La nuova entità punta a 540.000 veicoli all’anno, con 22 miliardi di ricavi aggregati. Ma la distribuzione dice tutto:
- 50% Europa
- 35% India
- 15% Americhe
L’Italia diventa parte del mercato europeo, ma senza guida, mentre la vera regia si sposta verso il subcontinente indiano.
Agnelli, Exor e la dismissione programmata
È difficile non notare un filo conduttore: la famiglia Agnelli continua a liberarsi di ciò che resta dell’industria italiana. Dopo Fiat, Magneti Marelli, CNH, ora anche Iveco. Exor incassa, lo Stato osserva. E lo fa con parole vuote: “sinergie globali”, “cooperazione”, “nuove opportunità”.
In realtà, ciò che rimane all’Italia è solo ciò che non si poteva vendere: la difesa. Un settore strategico che, se fosse finito in mani straniere, avrebbe provocato una crisi istituzionale. Leonardo, società partecipata dallo Stato, ha salvato il minimo indispensabile.
Il prezzo della globalizzazione? La sovranità industriale
Tata Motors parla di “due mercati domestici”: India ed Europa. Ma mentre in India si decide, in Italia si esegue. Iveco, un tempo simbolo della forza industriale nazionale, diventa ora un ingranaggio di un sistema globale che risponde a logiche lontane.
Una curiosità storica: Iveco nacque nel 1975 dalla fusione di cinque marchi europei tra cui Fiat Veicoli Industriali. Fu una delle prime “euro-multinazionali” ante litteram, capace di unire competenze da Italia, Germania e Francia.
Oggi, a distanza di 50 anni, lo scenario si ribalta: non è più l’Europa a integrare, ma l’Asia a inglobare.
Una visione industriale che non esiste più
La vendita di Iveco a Tata è l’ennesimo colpo a una visione industriale nazionale che non esiste più. Abbiamo salvato solo il comparto militare, ma per il resto abbiamo alzato bandiera bianca. Nel silenzio delle istituzioni e nel plauso di chi dovrebbe difendere il patrimonio produttivo del Paese, l’Italia si allontana sempre più da un ruolo da protagonista nella manifattura mondiale.