“Si può negare la validità di una teoria scientifica, ma non la sua esistenza e l’interesse generale a conoscerne gli aspetti”. Sono le parole con cui la Corte d’appello di Catanzaro e in seguito la Cassazione difesero la legittimità del Museo Lombroso di Torino. In una causa civile promossa dal Comune di Motta Santa Lucia (Catanzaro), che aveva preteso la “restituzione” del cranio di un cittadino deceduto nel 1872.

Il reperto – custodito dalla struttura torinese – era stato, all’epoca, trattenuto da Cesare Lombroso per ragioni di studio.
Il medico si era convinto che la presenza della “fossetta occipitale mediale” fosse un “tratto caratteristico identificante il fenotipo del delinquente meridionale”.

Museo Lombroso di Torino, le motivazioni dei giudici

I giudici respinsero la richiesta per varie ragioni, e nelle sentenze non risparmiarono dei passaggi in cui ribadivano il diritto del Museo ad esercitare la propria opera. L’esposizione appariva “del tutto legittima, in quanto appare evidente l’interesse storico-scientifico della conoscenza di teorie scientifiche. E, quindi, dei reperti che sono stati oggetto delle indagini dei loro autori come quelle del Lombroso. Che hanno avuto notevole eco ed importanza nel dibattito scientifico, per quanto siano, ormai, del tutto superate”.

La Cassazione, richiamandosi alle conclusioni della Corte di Catanzaro, scrisse che “a conforto del superiore assunto che il giudizio della storia non vale a chiudere definitivamente in un cono d’ombra i fatti che ne sono fonte. Si può dunque negare la validità di una teoria scientifica, ma non la sua esistenza. E l’interesse generale a conoscerne gli aspetti“.

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