Le immagini del colpo alla gioielleria di corso Francia avevano fatto il giro del web, mostrandoci la fredda brutalità di un’azione fulminea, con la vetrina sfondata a martellate in pieno giorno. Quel video non era solo cronaca, ma il simbolo di una serie di assalti violenti che per settimane avevano messo in allarme esercenti e residenti di Torino. Ora, la svolta: la Polizia ha stretto le manette ai polsi dei due presunti responsabili, una coppia che, come un dettaglio non da poco, non risiedeva sotto la Mole, ma agiva in “trasferta”, muovendosi dal Biellese per colpire in città.
Dalla provincia alla città: la doppia vita dei rapinatori
Due uomini, uno di origini maghrebine di 29 anni e un 34enne marocchino, entrambi residenti nel Biellese: è questa la composizione della banda ritenuta responsabile di una raffica di rapine aggravate avvenute a Torino tra la fine di agosto e la metà di settembre.
Secondo le indagini della Squadra Mobile, coordinate dalla Procura torinese, i due avrebbero messo a segno almeno quattro colpi, accumulando un bottino complessivo che supera i 47.000 euro. Un modus operandi che, sebbene non fosse legato a un’unica tipologia di attività, era accomunato da un filo rosso: la violenza e la minaccia, a volte brutale, per ottenere ciò che volevano.
Dall’arma improvvisata al martello: la strategia della paura
La violenza utilizzata dai due rapinatori si manifestava in modi diversi a seconda del bersaglio. Se in un supermercato nel quartiere Parella non hanno esitato a minacciare un cassiere con un coccio di bottiglia – un’arma di fortuna che rivela una pericolosa disperazione –, in altri due assalti, tra cui una farmacia di Pozzo Strada, sono stati visti brandire un coltello per intimidire i dipendenti.
Il colpo più eclatante, quello che ha acceso i riflettori sulla vicenda, resta però l’incursione alla gioielleria di corso Francia. Qui, uno dei rapinatori, come mostrato chiaramente dalle riprese, ha sfondato la vetrina a martellate in pochi secondi per arraffare tre orologi di pregio. Un gesto audace, con l’ulteriore aggravante di una finta estrazione di un’arma dalla cintura per tenere a bada un dipendente che tentava una reazione.
L’occhio elettronico e il dettaglio che incastra
Come spesso accade nella cronaca moderna, a rivelare il volto dei criminali non è stata solo la testimonianza umana, ma la memoria infallibile della tecnologia. Le immagini dei sistemi di videosorveglianza, interni ed esterni agli esercizi colpiti, sono state decisive per ricostruire gli spostamenti e identificare i due.
Le indagini hanno permesso di rintracciare i due uomini a Biella, dove sono stati bloccati nei pressi di un giardino pubblico. Le successive perquisizioni domiciliari hanno fornito la prova finale: il sequestro di capi d’abbigliamento compatibili con quelli immortalati durante le rapine.






































